La coltivazione, la vendita e l’importazione di cannabis medica in Italia è consentita a condizione che si ottenga l’autorizzazione del Ministero della Salute.
Le stesse tra l’altro sono attualmente gestite principalmente dallo Stato attraverso la produzione interna, compresa l’importazione dai Paesi Bassi o previe gare pubbliche per la fornitura aggiuntiva. In riferimento a quanto sin qui premesso, vediamo quanto è legale e in quali circostanze la coltivazione di cannabis in Italia.
In Italia non è consentito vendere cannabis per uso ricreativo?
Alcune aziende italiane hanno scelto di commercializzare un prodotto con un basso contenuto di THC la cui vendita è consentita solo in base alla legislazione sulla cannabis industriale. Insomma, nel mercato italiano la “cannabis ricreativa” è essenzialmente “cannabis per uso industriale”, che però, non essendo un prodotto da fumo, viene venduta con l’avvertenza esplicita “prodotto non per uso umano” – “non fumare”.
Si tratta di un prodotto che, stando alla guida per coltivare della cannabis Italia, ha comunque moltissimi limiti che devono essere rispettati in modo da rientrare, sempre e comunque, nel lato giusto della legge.
La cannabis allo stato attuale può invece essere utilizzata per scopi industriali a condizione che il THC (delta-9-tetraidrocannabinolo) ossia una delle sostanze psicotrope sia inferiore allo 0,2%. Tuttavia, ai sensi della legge n. 242 del 2016, se, a seguito di un controllo da parte delle autorità, il contenuto totale di THC è superiore allo 0,2% ma non superiore allo 0,6%, nessuna responsabilità sarà a carico del coltivatore.
Dopo questa importante precisazione va altresì aggiunto che la cannabis industriale in Italia può essere utilizzata per diversi scopi ossia: (a) alimenti e cosmetici; b) prodotti semilavorati, come fibre, polveri, oli o combustibili; c) come concime agricolo sovescio; (d) materiale organico per lavori di ingegneria o prodotti utili per la bioedilizia; (e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per il risanamento di siti inquinati; f) colture dedicate ad attività di insegnamento e dimostrazione, nonché ricerca da parte di istituzioni pubbliche o private; e g) coltivazioni destinate alla floricoltura.
Le uniche sanzioni attualmente previste dalla legge sulla cannabis industriale sono dunque il sequestro o la distruzione del prodotto se il contenuto di THC nella coltivazione è superiore allo 0,6%.
Esistono sanzioni sulla commercializzazione della cannabis industriale?
La legge non prevede sanzioni relative alla commercializzazione della cannabis industriale, che deve essere derivata dalla normativa generale sulla sicurezza dei prodotti e sulla tutela dei consumatori.
Se invece un agricoltore coltiva cannabis senza autorizzazione che non rientra nella definizione di “cannabis industriale”, può essere punito con la reclusione da sei a vent’anni e multato con una cifra compresa tra i 26.000 e i 260.000 euro.
Per quanto riguarda invece l‘utilizzo del CBD negli alimenti e negli integratori alimentari, questa sostanza è considerata un nuovo alimento e necessita quindi di una specifica autorizzazione da parte della Commissione Europea ai sensi del Regolamento UE 2015/2283. Pertanto, ad oggi, il CBD non può essere considerato un ingrediente utilizzabile negli integratori alimentari in Italia.
Di conseguenza, ne è vietato l’uso, ma è comunque consentito l’utilizzo di quello prodotto sinteticamente. Inoltre, l’elenco degli ingredienti vietati della Convenzione Unica non include semi di cannabis o foglie senza cime, il che significa che l’uso di CBD derivato da queste parti della pianta di cannabis non è attualmente vietato.
Gli ultimi sviluppi sulla legalizzazione della cannabis in Italia
In data 15 ottobre 2020 il Ministero della Salute ha pubblicato un Decreto in cui si afferma che “le composizioni per somministrazione orale di cannabidiolo ottenute da estratti di Cannabis” avrebbero dovuto essere inserite nell’elenco dei Medicinali contenenti sostanze stupefacenti e psicotrope ai sensi del D.P.R.n. 309/1990.
Tuttavia, con il successivo Decreto del 28 ottobre 2020, il primo è stato sospeso in quanto l’inclusione di composizioni per la somministrazione orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di Cannabis nell’elenco delle sostanze stupefacenti o psicotrope richiede ulteriori approfondimenti, tecnici e studi scientifici, che lo stato ha affidato all’Istituto Superiore di Sanità.