MILANO – Sabato 15 maggio online il Convegno nazionale sullo spopolamento dei piccoli comuni organizzato da Renato Ongania, tesista università IULM di Milano. I relatori si sono confrontati sui temi della legalità, del marketing territoriale, dell’innovazione e delle scuole di montagna.

“Le audizioni mi hanno aiutato a comprendere il problema – afferma Ongania, tesista in relazioni pubbliche all’università IULM di Milano – volevo sperimentare un approccio serio, penso sia un ottimo inizio”.

“A livello nazionale mancano delle politiche mirate per i piccoli comuni – tuona il sindaco di San Martino Canavese, 807 anime, Silvana Rizzato – vivere in un piccolo comune è un privilegio, ma serve una fiscalità differenziata per le attività produttive. Con la pandemia ci siamo resi conto della loro importanza. Solo creando lavoro si ferma la fuga dai territori, aiutiamo i giovani a costruirsi un futuro”.

“Speriamo di tornare ad avere flussi massicci di turismo del periodo pre-pandemia – si augura Stefano De Falco, delegato della Società Geografica Italiana – sulle possibili piste per uscire dalla crisi dello spopolamento penso che occorra un welfare ibrido capace di contrastare il neo-statalismo e il neo-liberismo”.

“Accanto alle città tradizionali dobbiamo immaginare nuovi spazi – afferma Daniela La Foresta, docente presso l’Università Federico II Napoli – nuovi luoghi da sperimentare con questa infrastrutturizzazione diffusa […] siamo all’inizio di una nuova era e noi ne saremo i tessitori”.

Che senso ha restare in montagna? – si chiede Michele Corti, ruralista – le motivazioni per stare nelle piccole comunità di montagna oggi sono da ricondurre alla capacità di una gestione collettiva dei servizi e delle infrastrutture. Se vengono meno gli stimoli nel restare in un posto… se non si va più in un bosco a raccogliere nulla… ad un certo punto quelle che potevano essere opportunità del vivere in quel luogo, vengono meno. Lo Stato, per il ruolo che ha, deve rivedere la propria impostazione”.

Gli fa eco Pasquale Quaglia, laurea in Lettere ed esperto di legalità: “Occorre creare una coscienza dei luoghi della memoria, bisognerebbe intervenire su queste piccole soluzioni, come il culto della memoria. Noi giovani abbiamo bisogno di momenti culturali che creino il Senso di comunità per legarci al territorio”.

Sulla stessa linea anche Antonio Quaglia, laurea in Economia, volontario dell’Aps Amici del mare: “Le persone hanno perduto l’identità dei propri avi. Occorre dare un motivo a chi è andato via di tornare. C’è una domanda di mercato da intercettare, i cosiddetti ‘nomadi digitali’. Forse occorre puntare su questo segmento di mercato, i fondi del Recovery Fund andrebbero investiti nella costruzione di relazioni e nelle identità dei piccoli borghi”.

In chiusura Valerio Ricciardelli, ingegnere del Movimento abc, ha approfondito il tema delle scuole di montagna: “Mi chiedo quali siano le istituzioni o le associazioni di istituzioni che devono farsi carico del problema di sistema… un problema di sistema richiede metodo, in altri paesi i problemi sono stati risolti… Ma chi se ne deve occupare? Chi si deve occupare delle politiche mirate per i piccoli comuni?”

Renato Ongania chiosa con una conclusione: “Le audizioni hanno fatto emergere la centralità delle comunità e posto nuove prospettive di sviluppo che non avevo ancora messo a fuoco. Sono grato ai relatori e agli ospiti, tra cui anche Giovanni Grosso, fisico nucleare, già sindaco di Esino Lario. Ogni singolo contributo portato al convegno dai relatori e dagli ospiti per me ha un valore inestimabile, con la pubblicazione degli atti del convegno, prevista a settembre, saremo in grado di iniettare nel sistema istituzionale particelle subatomiche di buonsenso”.

Pe ascoltare i vari interventi:
https://www.movimentoabc.it/convegno-piccoli-comuni-focus-spopolamento/

Nell’immagine di copertin: Screenshot dell’audizione, da sinistra in alto dott. Antonio Quaglia, prof. Michele Corti, in basso dott. Pasquale Quaglia, prof. Stefano De Falco.