WhatsApp indubbiamente per la sua immediatezza è molto utile. Spesso mi faccio mandare dalle pazienti le foto dei referti di esami che ho chiesto, in modo da poterli poi leggere con attenzione.
Però vorrei che non fosse più usata per richiedermi pareri che esulano dalle mie competenze, come quelli, così attuali, sulla vaccinazione anticovid (“cosa ne pensa della vaccinazione dei bambini?”), sulla gastrite della zia che abita in riviera o “sulle placche della carotide”.
Vorrei che per WhatsApp non mi si richiedessero terapie o indicazioni chirurgiche.
Spesso è difficile decidere in studio, con tutti gli esami a disposizione.
Come vorrei non essere più fermato per un parere alla macchina del caffè o nei corridoi o sulle scale dell’ospedale.
Il fatto è che non si tratta di avere o non avere un minuto, come spesso mi viene sollecitato con la classica frase d’apertura “posso rubargli un minuto?”.
È che la salute, secondo me, ma probabilmente non secondo chi mi chiede, è troppo importante per essere decisa in un minuto.
E poi perché rubare? Il mio tempo posso dedicartelo, con tutta la mia professionalità, nel luogo adeguato, ma la richiesta di furto, che già di per sé è proprio strana (quale ladro chiede il permesso di rubare? neppure Robin Hood lo chiedeva), mi indispettisce sempre, anche quando non sono stanco.
Le classiche frasi sono “può dare un’occhiata agli esami?”, di solito chiesti da un altro collega (!), “le ho portato l’ecografia di mia cugina: cosa ne pensa?”, ovviamente non ho mai visto la cugina, oppure “devo continuare la terapia?” come se mi ricordassi tutte le terapie di tutte le pazienti, cosa impossibile pur avendo un’ottima memoria.
Infine altre due richieste: la prima, vorrei semplicemente il nome, o almeno il cognome, al termine del messaggio, anche dei messaggi di auguri che ricevo in questo periodo, perché non ho memorizzato (e non voglio farlo) i numeri di tutte le pazienti, la seconda di non ricevere più messaggi vocali, che non ascolto mai.
E per tutte queste richieste, semplici e naturali, non voglio scomodare né Gesù Bambino, né Babbo Natale, né la Befana (a vostra scelta ma senza scontrarsi con il politically correct di moda): faccio appello a un po’ di buona educazione, rispetto ed intelligenza, pur sapendo che sono generi che stanno scarseggiando.
dr Giorgio M. Baratelli – chirurgo senologo
Direttore Unità di Senologia Ospedale di Gravedona
Membro Comitato Scientifico Accademia di Senologia “Umberto Veronesi”
Presidente LILT di Como
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