La prima ad accorrere, dopo il boato, fu la signora Panteghini. Abitava nei pressi, ed era solita tenere le ante aperte per via dell’ansia.
Un poco a fatica guadagnò la strada e, ticchettando sui tacchi, s’affrettò verso il macabro spettacolo. Raggiuntolo, si tirò gli occhiali sul capo, spalancò bene gli occhi, quindi sospirò: “Oh, madonna…”
L’auto stava là, riversa sul marciapiede, gomme all’aria. Poco distante, in mezzo alla carreggiata, un camion dall’aria imbronciata, evidentemente coinvolto nel sinistro.
Il traffico, di conseguenza, ne usciva paralizzato. Frotte di curiosi si riversavano verso il luogo dell’incidente, abbandonando il proprio veicolo.
Pareva una grande festa, pazienza se di dubbio gusto.
L’auto incidentata era veramente conciata male, un foglio appallottolato pronto per il cestino.
Più persone gli si fecero attorno, cercando di capire la dinamica e se ci fosse qualcuno dentro.
“Certo, vanno come disperati…” commentò uno dal baffo canuto e l’occhio azzurro, con l’aria di chi certe cose le sa e le dice. Braccia conserte, s’era piazzato vicino al muso dell’auto, sbirciando al suo interno dal cristallo imploso in una ragnatela biancastra “Questi giovani, cosa diavolo hanno per la testa…”
Gli si fece vicino un panzone con camiciotto fuori dalle brache, forse un camionista vicino alla pensione e alla conoscenza di Dio. “Ah, un giovane…” commentò, cercando di far rientrare un po’ la pancia giusto per chinarsi in avanti “…e avrà picchiato la testa, indubbio…”
La signora Panteghini s’avvicinò. “Ho sentito un boato che pareva un’esplosione, un attentato…” spiegò con enfasi, allargando le braccia scorata, cercando di non calpestare coi suoi tacchetti i pezzi di vetro e metallo sparpagliati sulla strada “Coi tempi che corrono, c’è d’aver paura…”
Una vecchina curva, indosso un paio di scarpe da tennis ed un foulard in testa, si drizzò per qualche istante. Sugli occhi, due rettangoli di vetro-cemento tenuti assieme da una catena degna di tenere al guinzaglio un doberman “Ormai, colpiscono alla cieca. Tutto va bene per avere titoli sui giornali… chissà cosa vogliono da noi…”
S’avvicinò a quel punto un distinto signore di mezza età, perfettamente calato nel suo ruolo grazie a giacca e cravatta ben leccate. “Sono stati chiamati i soccorsi? C’è qualcuno che ha il cellulare? Il mio l’ho in riparazione…”
“Cellulare?” si drizzò di nuovo la vecchina, tirando su i suoi mattoni agli occhi “Ai miei tempi, il cellulare era quello che portava via i mascalzoni, ma ora…” scosse il capo, in modo anomalo per via della cervicale “Tutti con ‘sto coso attaccato all’orecchio, come fossero in comunicazione con Dio, perdinci… pure chi stava alla guida, ‘sto terrorista, ci scommetto stava telefonando… è facile poi andare a sbattere, come no…”
Accorse un altro tizio dall’aria smunta, vestito di beige e dall’occhio liquido e galleggiante. Pareva reduce di una vacanza in una lavatrice impostata sulla centrifuga. “Cos’è successo?” domandò al panzone in camiciotto.
Quest’ultimo si voltò. “Pare che un terrorista si sia fatto esplodere, ricevendo ordini dal cellulare…”
“…ma pensa…” rimase sbalordito l’altro “È stato tirato fuori?” si chinò per guardare sotto, ma i cristalli in frantumi lasciavano vedere ben poco.
“Da come è ridotta la macchina, chiunque ci sia dentro, dev’essere ben conciato…” fece quella considerazione il panzone “Chissà i dolori. Prima di tirarlo fuori, ci vorrà una bella iniezione di calmante, una qualche droga…”
“Ci mancherebbe pure la droga…” la buttò là la signora Panteghini, che aveva colto solo l’ultima parola, col tizio dal baffo canuto e l’occhio azzurro ad annuire “Non nominiamola, per favore… come se non ce ne fosse già abbastanza in circolazione…e da quello che ha combinato il guidatore, mi sa tanto che qualche spino o pasticco se lo sia fatto…”
“Bella cosa…” ragionò il panzone, mani intrecciate sulla protuberanza in posa profetica “Che futuro avranno i nostri figli? Che mondo lasceremo loro?” si infervorò, cercando alleati, ma nessuno aderì moralmente alla sua causa. Allora si placò, ammettendo: ” … e meno male che io non ne ho…dentro e fuori dalle discoteche, zeppi di acidi…”
“Acido?” si intromise la vecchina con le scarpe da tennis e foulard “Ai miei tempi, l’acido si usava per sturare il gabinetto, altrochè! Adesso, ‘sti giovani, non sanno più cosa fare per divertirsi. Si bombano, si dice, figuriamoci poi questo qua…” indicò l’auto capottata “…che di mestiere faceva il terrorista…” sputacchiò per terra il suo disgusto e qualcos’altro.
“Ho letto da qualche parte che i terroristi, per trovare il coraggio di farsi esplodere, assumono droghe potenti…” ritornò sull’argomento il tipo smunto, con la signora Panteghini e l’altro signore distinto, in giacca e cravatta, ad annuire con convinzione “Altrimenti non ce la farebbero…”
“Vero” fece il baffo canuto e l’occhio azzurro “Bisognerebbe buttar giù un bel diserbante su tutte quelle coltivazioni. È l’unica soluzione. Lo dico sempre, io. Pazienza se poi si avvelena tutto. Da qualche parte bisognerà pur cominciare…”
Arrivò, annunciata dalle sirene, una volante della polizia. Sgommando, accostò vicino al luogo dell’incidente. Ne scesero in due.
“Cos’è accaduto?” chiese quello più alto, forse anche di grado.
La vecchina si drizzò. “Cos’è accaduto? Semplice, commissario. Un terrorista, zeppo di droga, s’è fatto esplodere, guidando come un matto. I suoi capi gli hanno detto il punto preciso per telefono. Cellulare.”
pronunciò l’ultima parola con disprezzo massimo.
L’agente prese nota, con ostentata serietà.
Intanto, dal camion fermo lì accanto, era emerso un tipo dai capelli biondi raccolti in un codino. Sembrava depresso, per non dire disperato.
Si fece avanti, portandosi appresso all’uomo in divisa.
“Sono il responsabile. Stavo trasportando quell’auto per la demolizione. Alla curva, s’è sganciata ed è caduta giù. Mi spiace…”
Prima che il poliziotto potesse prestargli attenzione, la vecchietta gli si fece incontro. Drizzò la schiena come non mai, cercando di perforare i rettangoli sugli occhi con lo sguardo.
“Giovanotto. Non me la conta giusta. Affatto “levò un dito ammonitore “Lei cerca di intorpidire le acque, di sviare le indagini, raccontando fandonie” spiegò quasi con orgoglio, poi si rivolse all’uomo in divisa “Commissario, non gli dia retta, mi raccomando. La dinamica dell’incidente, con tanto di responsabile, è stata ben chiarita. Che non si proceda come al solito ad insabbiare tutto, a far sì che la verità venga seppellita sotto un cumulo di menzogne!”
Spontaneo, si levò un accorato applauso tra i presenti.
Emanuele Tavola