PERLEDO – La costituenda Commissione di Studio proposta dal piccolo museo di Perledo per fiancheggiare i lavori di restauro della Cappelletta di San Giuseppe ha avanzato una nuova pista di ricerca che dovrebbe permettere di risalire con precisione alle origini del Transito di san Giuseppe raffigurato a Perledo (frazione di Tondello).

Diversamente da quanto ipotizzato in prima istanza da don Bruno Capparoni (presidente della Pia Unione del Transito di San Giuseppe di Roma), il prototipo da cui sarebbe stata tratta la copia di Perledo potrebbe trovarsi non a Milano, bensì a Paderno d’Adda e sarebbe presso la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta.

“Lo scopo della Commissione di studio che abbiamo suggerito al sindaco di Perledo è di evitare che la memoria storica vada perduta – ha detto Renato Ongania – La società contemporanea è votata da molto tempo alla superficialità e il rischio è quello di mancare l’opportunità di recuperare i valori che accompagnavano e sostenevano i segni della pia devozione a Perledo. Nel caso del Transito di san Giuseppe dai volti dei protagonisti dell’evento si riconosce un atteggiamento misericordioso nei confronti dei moribondi, per esempio. La partecipazione della collettività angelica nel momento del trapasso indicava l’utilità, il bisogno e la necessità delle preghiere per la salvezza dell’anima; il semplice gesto di Maria di ‘tenere la mano’ al morente è intriso di grande umanità comunque lo si voglia vedere, anche da un punto di vista laico, si tratta di un’immagine molto forte… Il Transito di San Giuseppe potrebbe essere un segno della devozione popolare della comunità perledese verso san Giuseppe. Peraltro la devozione allo ‘Sposo di Maria’ e ‘Padre putativo di Gesù’ è un fatto culturale popolare di rilievo, sancito in maniera formale nel 1870 da papa Pio IX che indicò San Giuseppe patrono della chiesa cattolica. Perledo ha seguito tale corso della storia?

“Il periodo a cui si fa riferimento è stato particolarmente difficile per la chiesa di Roma – ha proseguito Ongania -. Ci si potrebbe chiedere, a ragione, se le preghiere rivolte a San Giuseppe da Perledo e dalla cappelletta di san Giuseppe avessero anche una connotazione politica di sostegno alla Chiesa. Manca ancora molto da scoprire, soprattutto nei termini della religiosità popolare e le ragioni specifiche (individuali o collettive) che hanno portato all’erezione della cappelletta. A un livello concreto, con sempre maggiore probabilità, il Transito di San Giuseppe di Perledo è una copia di un’opera importante precedente e realizzata da un pittore minore locale. Per ora siamo giunti al 1863, anno in cui Giuseppe Bertini (1825 – 1898) direttore della pinacoteca di Brera completò il suo “Transito di San Giuseppe” a Paderno d’Adda, in una cappella laterale della chiesa parrocchiale. Questa nuova pista di ricerca supera l’ipotesi di far risalire l’originale al quadro presente al San Carlino, cioè del dipinto che si trova nella Chiesa San Carlo in Lazzaretto, perché anche quello sarebbe una copia di Giuseppe Bertini. A fare luce sulla vicenda è uno studio francese che ripercorre le origini di un’immagine del Transito di san Giuseppe presente a Bonsone (Nizza) e che abbiamo individuato in rete a firma di Luc Thèvenon, storico e già direttore del museo di arte e storia del palazzo Masséna a Nizza”.

“Grazie all’ausilio di Internet – ha concluso Ongania – siamo giunti a individuare diverse rappresentazioni del Transito di San Giuseppe del tutto simili e collocabili tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi anni del Novecento. Una molto suggestiva e più completa rispetto al Transito di San Giuseppe di Perledo include l’immagine di Dio-Padre e si trova a Marsiglia. Una è a Bonsone (Nizza), un’altra è in Canada ed è datata 1889. In Italia oltre a quella della chiesa di San Carlo in Lazzaretto, se ne trova una ad Andria realizzata da Vincenzo De Stefani nel 1907, una molto scenica ed elaborata si trova a Zafferana Etnea (Catania), un’altra è presente in un santuario di Lodi. Nei prossimi giorni ci recheremo a Paderno d’Adda e agli archivi diocesani per acquisire nuovi elementi di ricerca”.

 

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