GIULINO DI MEZZEGRA – Cecco Bellosi è indagato dalla procura di Como per danneggiamenti alla lapide del dittatore fascista Benito Mussolini, due giorni fa la perquisizione del domicilio e il sequestro del telefono cellulare.

“Nego nella maniera più assoluta di aver danneggiato la lapide. Rivendico invece di avere tolto i fiori che erano stati posti da una squadra di fascisti quella notte” commenta Bellosi, da oltre trent’anni lavora come coordinatore dell’Associazione Comunità Il Gabbiano, che si occupa di tossicodipendenti, persone con problemi di sofferenza psichica, detenuti, minori in difficoltà, malati di Aids.

Il 28 aprile è una data simbolo e Giulino di Mezzegra (CO) è un luogo simbolo: lì è finito il regime fascista dell’epoca, con il dittatore travestito da tedesco e i gerarchi in fuga da loro stessi e dalle loro nefandezze. “Fermati da 27 eroici partigiani della Cinquantaduesima Brigata Garibaldi. In quel luogo ci dovrebbero essere le loro fotografie, non quelle di un dittatore giudicato dagli Alleati come il criminale di guerra numero due. Il primo era Adolf Hitler” prosegue Bellosi nella sua dichiarazione.

“Quella lapide lì, a Giulino di Mezzegra, è in sé apologia di fascismo. Come se a Berlino ci fosse una lapide sul bunker di Hitler. Cosa che i tedeschi si sono ben guardati dal fare o dal lasciar fare. Cosa che invece le istituzioni in Italia hanno sempre concesso, permettendo allo stesso tempo la reiterazione del fascismo eterno. Con i fascisti che ogni anno intervengono con tutti i segni e i gesti dell’apologia del regime, nel silenzio e nell’ignavia della magistratura di Como“.

“Invece di perseguire i fascisti – conclude – si mettono alla caccia degli antifascisti. Sono antifascista e comunista dall’età di 15 anni. E ne ho settantacinque. Bene, prendo atto che esiste un nuovo reato: l’antifascismo. Il rovesciamento della storia. O l’adeguamento ai tempi”.

RedCro