Quando la polizia fece irruzione nel locale notturno, Kissa rimase tranquillo al tavolino in prima fila, senza scomporsi, stretto fra la bionda gambalunga e la mora granmeloni.

Non l’avrebbero mai riconosciuto.

Gli agenti presero a sparpagliarsi per il locale, urlando “Polizia!” e “Fermi! Mani in alto!”. Nella confusione, qualcuno tentò di dileguarsi, ma venne subito acciuffato e ammanettato.

Il blitz era ben studiato, ogni via di fuga era stata prevista e presidiata.

Kissa non smarrì la sua imperturbabilitá, ed osservò quasi divertito parecchie mezze cartucce in preda al panico che non sapevano più da che parte fuggire.

Apparve il tenente Mastini, bell’uomo, ed in divisa ancor più. Alto e spallato, occhio nero penetrante, incedere lento e sicuro.

Kissa lo individuò subito e si mise ad osservarne gli spostamenti. Il nemico era quello.

Il tenente si tenne in disparte dalle piccole zuffe che scoppiavano qua e là, come se non lo riguardassero. Cercava altro, qualcun altro.

Finalmente, i suoi occhi si puntarono sull’uomo seduto fra le due supergnocche.

Kissa ostentò indifferenza, addirittura abbozzando un sorriso, ma dentro avvertì una stilettata. Certo, era facilmente individuabile a causa del sesto dito del piede destro, che non aveva mai rimosso per una stupida remora superstiziosa, ma con documenti falsi a prova di bomba e ad un altro volto, grazie ad una plastica facciale da Dio, poteva stare tranquillo. Non l’avrebbero mai scoperto.

Eppure, il tenente non lo mollava.

Si fece vicino. “Buonasera, e scusate il trambusto…” esordì, facendo il saluto militate “Sono il tenente Mastini”

“Piacere mio…” annuì Kissa “E’ successo qualcosa?”

Il tenente si piazzò davanti a lui e prese a trapanarlo con gli occhi, come se potesse vedere sotto la fasulla maschera. “Un ricercato. Sappiamo che si trova in questo locale”

Kissa fece l’aria stupita. “Ma son tutte brave persone…lavoratori, che cercano qualche ora di svago…”

Il tenente sorrise. “Mi favorisce i suoi documenti, per favore?”

“Certamente”

Le due ragazze si alzarono e si allontanarono, non erano certo loro nel mirino della polizia.

“Kissa Marinetti…”lesse dalla carta d’identità il poliziotto “Che nome originale…”

“Già… ai miei piacevano le cose fuori dal comune…” rispose ancora Kissa, ed un’altra stilettata gli tolse per qualche istante il respiro. Perché avvertiva tanta paura? Era in una botte di ferro.

Il tenente si accomodò e accavallò le lunghe gambe. Attorno a loro, la confusione andava placandosi. “Pensi, quello che cerchiamo è italiano ma di origini finlandesi… nell’ultimo suo covo, abbiamo trovato nella dispensa una scatola di crocchini per gatti…”

Kissa annuì, sforzandosi di rimanere impassibile. “Si vede che gli piacciono…”

“Ha un amore smisurato per quei felini… toglietegli tutto ma non i suoi gatti…” ridacchiò.

Kissa si limitò ancora una volta a sorridere, sentendo più di una goccia di sudore precipitargli lungo la schiena.

“Kissa… chissà cosa significa questo nome, e mi scusi il gioco di parole…” proseguì nel suo ragionamento il tenente “Per esempio: e se lo traducessimo dal finlandese?”

“Non ne ho la più pallida idea…”

“Io invece sì. Significa gatto…”

“Ma che strano…”ormai gocciolava come una fontana il ricercato, ma non osava metter mano al fazzoletto.

“Il gatto ritorna sempre…”disse il tenente, occhi fissi in quelli dell’altro “E’ una costante per il nostro mister x. Appassionato di gatti, e cosi tanto da prenderne il nome, e soprattutto da farsi fare una plastica facciale che ne richiami in qualche modo le fattezze. È un esagerato, signor Kissa, signor Gatto. La faccia avrebbe dovuto farsela rifare in forma anonima. Sembra vagamente un soriano. Ma si sa, al cuore non si comanda…”

Kissa non parlò,  pietrificato.

“Ah, dimenticavo. Le chiedo solo una cortesia, per accelerare i tempi. Mi mostri il suo piede destro”.

Emanuele Tavola