PERU’ – Svegliato di buon mattino dopo una notte riposante all’hotel Emancipador di Paracas, mi sono recato alla reception in attesa dell’omino che mi avrebbe accompagnato al porto per l’escursione alle Isole Ballestas, un paradiso naturale a pochi chilometri dalla costa. Nell’attesa ho acquistato un cappellone che mi avrebbe accompagnato per tutto il viaggio, diventandone protagonista indiscusso in tutte le mie foto.
I turisti al porto sono moltissimi ma l’organizzazione è eccellente grazie ad uno spiegamento di operatori turistici senza pari; in pochi minuti si formano due file e tutti i turisti vengono imbarcati su dozzine di gommoni, muniti di attrezzatura salvagente e istruiti a dovere. Il sole già picchia alle otto del mattino ma il gommone sfreccia sulle placide acque del Pacifico a tutta velocità e la fresca brezza marina è un godimento, costeggiando la desertica riva della Riserva Naturale di Paracas fatta di dune sabbiose.
In pochi minuti raggiungiamo un panorama emozionante: appare davanti a noi lo spettacolare Candelabro, disegno scavato nella montagna dall’antico popolo dei Paracas e miracolosamente ancora visibile dopo secoli di azione degli agenti atmosferici. Il gommone fa sosta per alcuni minuti, permettendo di scattare foto ricordo indimenticabili, per poi ripartire alla volta delle isole, che raggiungiamo in una ventina di minuti.
L’arrivo è un altro momento magico: davanti a me appare un favoloso anfiteatro naturale di rocce, con al centro uno stupendo arco, e quando il gommone rallenta vengo sovrastato dalle voci di migliaia di uccelli, foche, pinguini di Humboldt. Sono circondato dalla forza della natura e rimango immobile nell’incapacità di cogliere quest’attimo di meraviglia, con la bocca aperta e la fotocamera in mano. È impossibile fotografare o riprendere tale bellezza, i colori, i suoni, la freschezza dell’aria, l’odore forte del mare. Ripreso dall’incanto, inizio a scattare foto a destra e a sinistra, ben consapevole di non poter comunque immortalare queste sensazioni.
Il gommone riprende la sua via, dentro e fuori grotte e golfi, sfiorando speroni rocciosi dove sonnecchiano foche e leoni marini, raggiungendo spiagge piene di pinguini o inseguendo foche che giocano nelle acque cristalline. Il tour dura poco più di un’ora, ma non passa un minuto senza cercare di fare una foto vedendo scorci sempre più entusiasmanti. Il rientro è una cavalcata sulle acque a sfuggire dal caldo che inizia a essere notevole, ma la gita è stata una splendida sorpresa: conoscevo il Perù degli Incas e degli altipiani, ma questi primi giorni sulla costa sono stati molto sopra le aspettative.
Per mezzogiorno è prevista la partenza del pullman per Nazca, quarta tappa del mio viaggio. La raggiungiamo in meno di tre ore attraversando poveri paesini e lande desolate. Il clima all’arrivo è torrido, oltre i 30 gradi con un venticello caldo e secco. Siamo nel deserto. Mi imbuco subito nel mio hotel a poche centinaia di metri dalla piazza centrale. La città è stata rasa al suolo da un terremoto nel 1996 ed è stata quasi completamente ricostruita. Dopo una doccia e un breve riposino sfido il caldo e mi faccio una lunga passeggiata in lungo e in largo per i mercatini del paese, poi in un piccolo bar ho mangiato un hamburger sorseggiando un fantastico Pisco sour, cocktail locale che ha meritato un bis e un tris. A nanna che domani si vola sulle linee di Nazca.
Massimo Bellingardi
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