ABBADIA LARIANA – Riceviamo e pubblichiamo la lettera firmata dal consigliere provinciale con delega ai Lavori pubblici, Viabilità ed Infrastrutture Rocco Cardamone e indirizzata al presidente del Consiglio Matteo Renzi in merito all’annosa vicenda della pista ciclopedonale che dovrebbe collegare Abbadia con Lecco e che, per varie vicissitudini, è stata più volte bloccata.
Caro Presidente,
mi chiamo Rocco Cardamone, Consigliere con delega ai Lavori pubblici, viabilità ed infrastrutture della Provincia di Lecco. Sono iscritto al Partito Democratico e con convinzione ho sostenuto il suo avvento alla guida del PD prima e del nostro Paese dopo, confidando nella svolta riformista e innovativa da Lei propugnata.
La precisazione circa l’appartenenza al PD serve solo a spiegarle la mia presenza all’Assemblea Nazionale tenutasi sabato 18 luglio all’EXPO di Milano in occasione della quale sono rimasto colpito da un passaggio del suo intervento dedicato alla scandalosa situazione delle opere pubbliche in Italia: sempre più spesso finanziate e immediatamente bloccate da ricorsi, sentenze e cavilli burocratici. Una cifra che lei ha stimato in 20 miliardi di euro!
La sua sdegnata denuncia mi ha trovato d’accordo, facendomi immediatamente riflettere sulla situazione di impasse che vive il territorio lecchese a causa di un’opera pubblica, ferma da anni, il cui investimento ammonta a 12 milioni di euro, che colpevolmente contribuisce a formare quella montagna di soldi inutilizzati.
Si tratta della ciclopista che congiungerà, quando riuscissero a realizzarla, i paesi della sponda del Lario orientale (quello del Manzoni per intenderci) alla città capoluogo. Una strada che partendo da Abbadia Lariana giungerà a Lecco grazie ad un tracciato alternativo alla Super Strada 36 che si sviluppa per circa 5 chilometri costeggiando il lago. Un percorso suggestivo, sospeso sul lago, che oltre a dare sicurezza a pedoni e ciclisti permetterà di restituire chilometri di rive alla balneazione, allo svago, alla contemplazione del bellissimo panorama che il Lario lecchese sa offrire.
Ebbene, quest’opera promossa dal sottoscritto quando era sindaco di Abbadia Lariana (1999-2009), progettata e approvata dal piccolo Comune, ha richiesto anni di lavoro guadagnandosi la credibilità presso ogni sede istituzionale, al punto di convincere ANAS a finanziarla. L’Ente strade ne condivise subito l’utilità e l’urgenza stante l’anomalia che caratterizzava e caratterizza tutt’oggi questo lembo di territorio stretto tra lago e montagna privo di una strada alternativa alla S.S.36 sulla quale ciclisti, pedoni, (aggiungerei per paradosso carretti, asini e cavalli) devono mescolarsi pericolosamente ad auto e camion in spregio alle norme del Codice della Strada e alla incolumità delle persone.
Per comprendere la situazione di oggettivo pericolo e di conclamata emergenza che questo tratto rappresentava evidenzio come ANAS lo classificava quale “punto nero” della viabilità lombarda. Sulla base di questo preoccupante requisito il progetto dell’infrastruttura veniva finanziato per avviarne la realizzazione salvo entrare nella spirale che avvolge e soffoca, questo con tanti altri, gli investimenti pubblici nel nostro Paese.
E avendo la disperazione avuto il sopravvento sulla speranza ho ritenuto utile scriverle questa lettera, sperando che possa incrociare il suo interesse, per raccontarle lo stallo in cui ci troviamo dopo molti anni e darle contezza delle lungaggini burocratiche e amministrative che rischiano di vanificare anni di lavoro mandando in fumo ingenti risorse economiche.
Per darle un’idea di quanto sia mortificante subire situazioni come questa, senza poter agire per invertire la rotta, ho voluto di seguito ricostruire le fasi salienti che hanno segnato la storia di quest’opera partendo dalle iniziali utopie, passando per le concrete speranze, cadendo infine nell’attuale rassegnazione.
1999: il Comune di Abbadia Lariana inizia a evidenziare la necessità di mettere allo studio una ciclabile che congiunga i Paesi del lago con il capoluogo;
2003: dopo anni di sollecitazioni andate a vuoto il Comune si candida alla redazione di un studio preliminare al fine di valutare la fattibilità dell’opera: la Direzione nazionale di ANAS risponde che condivide la proposta al punto di rilanciare proponendo che sia il Comune a farsi carico della progettazione esecutiva completa di tutti gli atti autorizzativi. A seguito di ciò avrebbe finanziato la ciclabile. Entro la fine dello stesso anno, con uno sforzo enorme il Comune di Abbadia Lariana riesce ad approvare il progetto definitivo convocando la conferenza dei servizi che lo approva.
2004: il Comune approva il progetto esecutivo inviandolo ad ANAS affinché mantenesse l’impegno di finanziare l’opera;
2007: ANAS dopo tre anni di inerzia e numerosi solleciti del Comune lariano comunica formalmente di avere stanziato 12 milioni di euro per appaltare i lavori (l’allora ministro Di Pietro ne diede ufficialmente notizia nel corso di una visita a lecco);
2009: viene pubblicato il bando di gara per l’affidamento dei lavori; 2010: l’appalto viene affidato al Consorzio AEDARS di Roma;
2012: dopo una serie di ricorsi da parte di altre imprese partecipanti alla gara i lavori hanno inizio ma solo per modeste attività, dopo di ché tutto di ferma;
2014: a seguito di un provvedimento interdittivo della Prefettura di Roma il Consorzio AEDARS viene estromesso dall’appalto;
2015: il Consorzio ricorre contro questa esclusione e vince davanti al TAR. ANAS riprende le procedure per riaffidargli i lavori ma nel corso di questa procedura interviene il fallimento del Consorzio.
2015: ANAS riavvia le procedure di “interpello” delle altre imprese che seguono nella graduatoria di gara e sta procedendo ad un nuovo affidamento.
Da ultimo, classica ciliegina sulla torta, ho appurato, a seguito di una visura camerale, che l’impresa con la quale sta per essere siglato il nuovo contratto ha 2 (due) dipendenti ! Certo, avrà le qualificazioni previste, avrà le “carte” a posto, avrà i certificati in ordine ma, mi chiedo, e l’impresa, dov’è l’Impresa? Qual è la sua organizzazione, dove sono le sue maestranze, i suoi macchinari, le sue attrezzature?
Ho il fondato timore che ci avviamo verso un nuovo supplizio: lavori che fanno finta di cominciare, sospensioni più o meno motivate,, iscrizione di riserve, contestazioni, ecc. E noi quando vedremo l’opera finita? Per quanto tempo i 12 milioni resteranno improduttivi lungo le rive del lago senza che creino lavoro, occupazione, crescita e gli attesi benefici pubblici per i quali l’opera è stata progettata e finanziata col denaro del contribuente?
Questa la cronistoria: 16 anni dalle prime proposte, 11 anni dall’approvazione del progetto esecutivo e 6 anni dalla pubblicazione della gara di appalto. E pazienza se solo fossimo sicuri di vedere la luce in fondo al tunnel. Caro Presidente del Consiglio, si renderà conto che queste storie sono inaccettabili ed inammissibili in un Paese moderno che ambisce ad essere protagonista dell’emancipato e progredito Occidente europeo.
E allora le chiedo di fare qualcosa: adotti quest’opera come fosse un orfano in cerca di famiglia, come progetto pilota in una nuova Italia, come esempio negativo che può volgere al meglio basta che lo si voglia, dimostri agli italiani che quest’opera e poi via via tante altre possono essere sottratte alla piovra che sta avviluppando e divorando il nostro futuro.
Inviti il Ministro competente ad assumere provvedimenti straordinari affinché i lavori si possano affidare ad impresa sana e forte che abbia voglia di lavorare, di progredire, di dare occupazione e trarre giusti profitti. Che coltivi il sano obiettivo di trasformare un progetto in un’opera, autentica e primordiale ambizione dell’Imprenditore degno di tale nome.
Ciò costituirebbe un piccolo esempio del cambiamento di verso che tanto viene evocato e nel quale tanti hanno creduto e continuano a credere. Dimostri che si può fare.
Con fiducia, Rocco Cardamone