MANDELLO DEL LARIO – “Il libro affronta una delle questioni storiche, religiose e politiche più cruciali del nostro tempo. Beniamino Galbusera si è cimentato in un’opera non facile, affrontando un argomento così vasto e complesso con lucidità ed incredibile capacità di sintesi: in 170 pagine riporta l’essenziale sulla storia dello Stato di Israele e dei suoi conflitti. Il merito è di averlo fatto come se stesse scrivendo un romanzo, con una spontaneità quasi narrativa”.
Così Paolo Gulisano ha commentato l’opera La storia di Sion raccontata i miei nipoti in apertura alla serata di presentazione dell’esordio pubblicistico del lecchese Beniamino Galbusera, tenutasi ieri sera alla Sala Civica di via Dante a Molina.
In veste di relatore ha guidato il pubblico alla scoperta dell’opera interrogando da subito l’autore sulla genesi del libro. Secondo Galbusera vi è molta confusione sulla questione: “Mi è capitato spesso di far fronte alla superficialità con la quale vengono affrontate le vicende storiche del popolo d’Israele ed ho sentito crescere la necessità di spiegare, chiarire cose di cui la gente sa poco o nulla, per consentire una presa di visione reale di quello che è il popolo di Israele ed Israele stesso.”
Il libro consente di soffermarsi su elementi storici e culturali spesso ignorati, suscitando in più occasioni nel lettore curiosità e stupore. Le ricerche storiche condotte dall’autore hanno dato luogo ad un’analisi che permette di ripercorrere con ordine e precisione i secoli di storia come attraverso una mappa. Gli elementi che emergono mirano ad aiutare a comprendere alcune delle vicende che hanno condizionato i rapporti, così precari al giorno d’oggi, con il mondo islamico e palestinese.
Convivenza tra religioni, pressioni economiche e giochi di potere.
Tuttavia una questione emerge sulle altre, uno snodo cruciale a cui l’autore cerca di dare risposta: “Come è possibile che un popolo tanto perseguitato, che ha conosciuto tanta sofferenza possa trasformarsi in un popolo di persecutori?”.
Tra i tanti quesiti del libro, una certezza espressa in un passaggio particolarmente toccante: “Non esiste l’ebreo, esiste prima l’uomo. Chi fomenta l’odio contro una razza è malato di ignoranza oppure cerca di nascondere dietro alle sue accuse le proprie mancanze”.
Il valore più importante è quello di essere umani, di rimanere umani e non trasformarsi in bestie “perchè le religioni sono solo strumenti ed è solo l’uomo che può far convivere le religioni, non il contrario.”