LECCO – In queste settimane stiamo assistendo al rush finale della lunga campagna referendaria che ha avuto come protagonisti il fronte del Sì e quello del No. Entrambe le parti il più delle volte si son dimostrate tifoserie, puntando molto sugli slogan e senza entrare mai veramente nel merito della riforma. Oggi Il Fascino degli Intellettuali analizza le ragioni di chi ha deciso di votare No, dopo aver ospitato la scorsa settimana quelle del Sì.
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Superare il bicameralismo paritario
Era necessario superare il bicameralismo paritario? No. L’Italia non ha un problema di lentezza nell’approvazione delle leggi, e spesso le peggiori sono quelle approvate con più celerità (Porcellum, Legge Fornero eccetera). Né l’Italia sconta un problema di assetto istituzionale: con questo bicameralismo siamo diventati la quinta potenza industriale del mondo e abbiamo portato ampie fasce di società in condizioni di emancipazione sia dal bisogno sia dalla morale più primitiva (basti pensare alla nazionalizzazione dell’energia elettrica, l’edilizia popolare, i provvedimenti sul divorzio, tutte norme ottenute in regime di bicameralismo e governo di larghe intese).
L’Italia sconta, semmai, un problema di volontà politica: gli esecutivi nazionali sono schiacciati fra le promesse elettorali, le pressioni di Bruxelles e l’incapacità di anteporre il benessere dei cittadini e della società agli interessi di bottega della propria conventicola al governo.