MANDELLO DEL LARIO – Una serata davvero animata per i mandellesi che mercoledì sono stati invitati all’oratorio della parrocchia del Sacro cuore per discutere di un tema in effetti scottante per il territorio: l’arrivo, forse, nei prossimi mesi, di dodici profughi che verrebbero ospitati nell’ambito del progetto dell’Accoglienza diffusa.
Per fare chiarezza don Pietro Mitta spiega innanzitutto che quella di cui si sta parlando è allo stato dell’arte un’ipotesi, che ha preso piede circa un anno fa quando una signora che abita nella cittadina lo ha contattato offrendo una casa di sua proprietà per l’accoglienza dei migranti. “Mi sono subito mosso contattando la Caritas e le amministrazioni comunali di Mandello e Abbadia, i consigli pastorali delle sette parrocchie del territorio – precisa il prevosto – e abbiamo avuto degli incontri con la proprietaria della casa e con i referenti della Caritas. Solo a fine settembre questo progetto ha cominciato a delinearsi grazie all’intervento della cooperativa sociale Arcobaleno”.
Ed è proprio Roberto Castagna, responsabile del settore che si occupa di migranti, a spiegare ai mandellesi cosa vuol dire in concreto attivare su un territorio un progetto di accoglienza diffusa: “Il nostro obiettivo è sviluppare percorsi di cittadinanza volti all’autonomia e all’inclusione sociale, su modelli che vanno adattati ad ogni singola realtà. Il punto di partenza è la struttura che deve essere adeguata, poi c’è il personale che deve avere competenze specifiche, ci sono degli standard ben precisi di gestione che seguiamo e infine è fondamentale la comunità nella quale prende piede il progetto: è necessario che essa accolga queste persone, cioè instauri delle relazioni in cui viene riconosciuta la dignità dell’altro e vengano riconosciute le risorse personali dell’altro, e in questo è fondamentale la presenza dei volontari”.
Il modello di accoglienza proposto da Arcobaleno si basa sullo sviluppo dell’autonomia dei migranti, sulla mediazione linguistico-culturale, sull’orientamento all’accesso ai servizi del territorio, sull’inserimento lavorativo e la tutela legale. “Non stiamo dicendo che sia semplice – commenta il sindaco di Mandello Riccardo Fasoli – ma questo è un problema che si pone a prescindere dalla nostra volontà: possiamo mettere la testa sotto la sabbia facendo finta che la questione non ci sia in attesa di esserne travolti, oppure possiamo prenderne coscienza. Come abbiamo sentito questa sera l’Accoglienza diffusa che prevede piccoli numeri può essere una situazione gestibile, una situazione sotto controllo e merita la nostra riflessione”.
“L’accoglienza e la tutela delle persone in difficoltà, di qualunque tipo essa sia, è nello stile del nostro territorio – fa eco il sindaco di Abbadia Cristina Bartesaghi – e le amministrazioni hanno il compito di affrontare tutti i problemi che si trovano davanti. È ovvio che il problema della migrazione non dipende da noi, ma noi possiamo fare la nostra parte”.
A rompere il clima di buon senso generato dai relatori che hanno aperto la serata è stato lo pseudo comizio dai toni fascio-localisti dei soliti noti di Casa Pound – non noti però ai mandellesi, non trattandosi di persone del luogo –: “Ma questi non sono profughi perché non scappano solo da zone di guerra, i 35 euro al giorno, le cooperative ci mangiano, prima gli italiani”, riassumendo il senso dell’intervento che dopo i vani tentativi di replica da parte di Fasoli è terminato con l’invito del don a lasciare la sala.
Il dibattito si è fatto comunque più fitto, animato dalle preoccupazioni più o meno fondate dei presenti: il futuro (forse) vicino di casa che si chiede come sia la convivenza con dei vicini fuori dal comune, la pensionata che vuole sapere se saranno donne, famiglie oppure uomini, e poi la ragazza che non corre più al Bione perché a lei i profughi fanno paura e “comunque hanno una cultura diversa, sporcano in terra e picchiano le donne”.
A tranquillizzare il tutto sommato marginale numero di “non siamo razzisti ma…” l’intervento di una delle volontarie che insegnano italiano al centro di accoglienza del Bione che spiega come “è normale avere paura di qualcosa che non si conosce, ma la paura è una cosa e la realtà è un’altra. Al Bione ad esempio lavoriamo con un gran numero di ragazzi e non c’è mai stato nessun tipo di reato o violenza, siamo tutte donne nel nostro gruppo di volontarie e nessuna mai ha avuto problemi con loro, anzi molti di questi ragazzi sono madrelingua inglese e alcune di noi e delle nostre amiche li invitano a casa perché parlino inglese con i nostri bambini. Abbiamo attivato tantissimi progetti in cui la loro collaborazione è stata fondamentale come la pulizia del lungo lago, il piedibus, l’amatriciana per i terremotati. Conoscendoli ci si rende conto che sono ragazzi proprio come i nostri, solo molto più sfortunati”.
E chi ha reclamato che in momenti di crisi come questi bisogna però “prima pensare agli italiani, ai pensionati che hanno bisogno di assistenza e ai padri di famiglia che dormono in auto”, è stato rassicurato dai sindaci dei due comuni interessati: “I nostri servizi sociali sono attenti a tutte le situazioni da chi è in difficoltà con l’affitto, agli anziani, a chi ha bisogno di un pasto e a chi dei buoni scuola” conclude Riccardo Fasoli.
“Non mi sembra che nei nostri paesi ci siano padri di famiglia che dormono in auto e se ci fossero che vengano a bussare alle porte del Comune e una soluzione la troveremo – assicura infine Bartesaghi –. Non facciamo la guerra dei poveri che in questo momento è la cosa più triste”.
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