Il ragazzo del Lago era alto e bello. E anche un po’ malnatt.
Ma, ditemi voi, come si fa a non essere malnatt quando si hanno vent’anni o giù di lì? Sarebbero solo occasioni perse, carte scaraventate sul tavolo prima di scoprire cosa ha in mano quell’altro senza quel retrogusto di azzardo che popola l’incoscienza di quell’età.
Nemmeno i ragazzi della Valle, però, erano da buttar via. Ol Claudio, ol Monti, ol Negri, ol Gustiin, ol Franco: belle facce sorridenti che spuntano da fotografie di una vita fa e, scommessa che vincerei facilmente, un po’ malnatt anche loro.
Si incrociano al Pian delle Betulle a sciare e fanno amicizia. Non conta se vieni dal lago o dalla Valle: se corri sugli stessi binari prima o poi ti incontri e quel che deve essere sarà perché da qualche parte così è già scritto.
Non voglio pensare cosa accadde quando alle Betulle si imbatterono in una compagnia di studenti universitari francesi; solo, immagino non fossero esclusivamente maschi. E tanto, per ora e per sempre, ci deve bastare.
Poi, dannato tempo, ognuno andò per la sua strada ma il legame rimase forte, perché quando sei amico vero e condividi i vent’anni devi rassegnarti, lo sarai per tutta la vita.
Così uno andò a lavorare al giornale della Sera, uno si mise a vendere macchine tedesche, l’altro girò un po’ l’Italia, l’altro ancora divenne capo officina, un altro fece il geometra.
Lui, il ragazzo del Lago, invece no. Scelse altro e preferì, non a basso costo secondo le comuni quotazioni, la libertà.
Il ragazzo del Lago scelse di fare il pittore.
> CONTINUA A LEGGERE su