LECCO – Il detto popolare romanesco recita più o meno così: “...èsse come la sóra Camilla, che tutti la vònno e nisuno se la piglia“. E proprio a Roma, un paio d’anni fa, è andata in scena la paradossale elezione del sindaco capitolino, dove tutti cercavano di sfilarsi e alla fine la (stra)vincitrice Virginia Raggi si è ritrovata in un Campidoglio carico di problemi, al punto da non riuscire a venirne fuori. Come ampiamente previsto.
In Lombardia c’è il gioco di carte del “ciapanò“, che più o meno spiega la situazione come e meglio di quanto riportato sopra. Parlando di Provincia di Lecco, nel senso dell’amministrazione di Villa Locatelli, nessuno pare volersi assumere la responsabilità di una presidenza tanto pesante e depauperata quanto “pericolosa” e dunque poco gratificante. E dire che un tempo si faceva la fila per poter diventare presidente della Provincia: Virginio Brivio è diventato sindaco del capoluogo dopo quel passaggio, mentre a Daniele Nava si sono spalancate le porte del sottosegretariato regionale.
Adesso invece…
Oggi si affibbia a questo o quell’altra la potenziale papabilità per quella poltrona – salvo veriicare di persona e scoprire che veramente ognuno cerca di defilarsi. Il punto è che questa benedetta presidenza sembra averle un po’ tutte: si comincia dal fatto che l’elezione avviene in modo indiretto (i cittadini non c’entrano più, il voto avviene in un “secondo livello”, grazie cioè ai consiglieri e sindaci dei tanti Comuni del lecchese). Fascino zero ma tante problematiche, compresa la non semplice creazione delle liste per le quali necessita il 15% del corpo elettorale – vale a dire ben cento consiglieri comunali sparsi, minimo. Un problemone, specie per le forze politiche minori ma anche per quei movimenti come la Lega che, pur vantando tanti voti a livello nazionale dispongono di uno scarso numero di sindaci con consiglieri annessi.
Va poi aggiunta la situazione di sostanziale parità tra le grandi aggregazioni (centro destra contro centro sinistra) che già oggi costringe ad un consiglio provinciale assai “ecumenico” dunque costantemente a rischio. E se la prospettiva è di avere sempre una divisione al 50% dell’assemblea provinciale, la figura del presidente diventa sostanziale. Tradotto, non può farlo il primo che capita o semplicemente il più disponibile. Così saltano tante candidature e sul tavolo restano ipotesi fantapolitiche poco credibili.
I nomi che cirolano sono molti e come detto se poi si vanno a sentire i singoli, tutti rispondono che no, non hanno tempo né voglia ecc ecc.
Dura la vita in casa PD (Crippa di Missaglia potrebbe doversela vedere con l’ala meno “sinistra” nella quale lo stesso sindaco di Lecco Brivio avrebbe qualche chance), ma difficile anche nell’altro schieramento dove appunto vi è pure la difficoltà del Carroccio ad avere rappresentanza. Oltretutto, essendoci l’obbligo di votare un sindaco in qualità di successore di Polano, proprio la Lega si ritroverebbe a dover votare personaggi non esattamente unificanti (vedi i vari De Capitani o Consonni) oppure giovani e un po’ distanti (Gilardi da Colico) e così via.
Ma il nome vero sarebbe quello del neo eletto sindaco di Calolzio Marco Ghezzi – il quale però in via non ufficiale parrebbe del tutto disinteressato all’incarico. Come del resto il gettonatissimo Antonio Rusconi (no, non il navigato ex primo cittadino di Valmadrera e parlamentare, ma il giovane borgomastro di Bellano). Anche lui, malgrado la corte fattagli a centro destra, da bravo imprenditore ha altro a cui pensare. E poi Polti di Oliveto e Fasoli di Mandello: ma accetteranno?
Ecco, la Provincia è proprio come la sóra Camilla. Vediamo chi se la piglia – o almeno chi se la vorrebbe pigliare. Posto che alla fin fine, estromessi come sono dalle scelte, i cittadini del lecchese sono ad oggi scarsissimamente interessati a questa vicenda. Sbagliando, ma un po’ costretti a farlo.