BELLANO – L’idroelettrico ai tempi dei cambiamenti climatici è l’oggetto dell’incontro promosso oggi da Legambiente a Bellano per approfondirne il non più trascurabile impatto. Tutti i fiumi e i torrenti dell’arco alpino, dal Friuli-Venezia-Giulia alla Liguria, passando per la Lombardia, sono infatti ormai sistematicamente captati a più riprese lungo tutto il percorso e, quindi, deprivati della maggior parte della propria acqua, con gravi danni ambientali e paesaggistici. Se nel corso del secolo scorso ciò è avvenuto con la realizzazione di opere gigantesche, dighe, condotte e centrali che ancora oggi producono una quota importante dell’energia elettrica made in Lombardia, da anni ormai le nuove realizzazioni si rivolgono al reticolo idrico minore, o ai tratti di pianura dei corsi d’acqua.
Il numero di domande per la realizzazione di nuove derivazioni e impianti idroelettrici (mini e micro idroelettrico) è cresciuto continuamente, in particolare nelle regioni alpine e appenniniche, con migliaia di richieste in fase di valutazione a fronte di migliaia di centraline già realizzate. Nella sola Lombardia, a giugno 2018, risultano attivi 705 piccoli impianti sotto i 3000 kw senza considerare le centinaia di richieste attualmente in fase di valutazione.
Questo processo è coinciso con l’esigenza di incrementare la produzione di energie rinnovabili prodotte dall’Italia per conseguire gli obiettivi della Direttiva 2009/28/CE e il piano di azione nazionale per le energie rinnovabili, ma ha determinato un intenso conflitto con gli obblighi di qualità dettati da un’altra direttiva, la 2000/60/CE che invece impone la tutela e il miglioramento dei corpi idrici.
“La vera sfida consiste nel tenere assieme obiettivi energetici e ambientali – dichiara Vanda Bonardo, responsabile Alpi di Legambiente –. Per Legambiente il futuro dell’idroelettrico italiano dipenderà dalla capacità di mantenere o migliorare la produzione esistente con interventi di revamping ed efficientamento soprattutto dei grandi impianti. In pochi e limitati casi si potranno autorizzare nuovi impianti (condotte idriche o salti esistenti). In tal senso auspichiamo che il decreto incentivi per le fonti rinnovabili, ora in Conferenza Stato-Regioni, si mantenga nella sua formulazione originale che prevede appunto incentivi solo per gli impianti a basso impatto ambientale”.
Dall’analisi dei dati forniti da Regione Lombardia sulla potenza delle centrali installate emerge anche come negli ultimi anni la crescita delle derivazioni avviene a beneficio di impianti con sempre minor potenza, quindi con un minore beneficio in termini di produzione rinnovabile. Non altrettanto avviene per il danno ambientale: le interruzioni e le interferenze sui corsi d’acqua e sui versanti sono sempre molto severe.
“Abbiamo seguito e sostenuto attivamente l’impegno dei comitati e degli alpigiani a difesa dei corsi d’acqua dalle nuove captazioni – sostiene Costanza Panella presidente del circolo Legambiente Lario Orientale –. Ci siamo così convinti che non si tratti di un conflitto tra due obiettivi ambientali, tra produzione di energia rinnovabile e salvaguardia dello stato ecologico dei corsi d’acqua e del paesaggio, ma di un’opposizione a investimenti divenuti insostenibili sia ambientalmente che economicamente, nonostante gli incentivi che, a fronte delle scarse prestazioni riscontrate in termini di produzione energetica, appaiono poco giustificabili, e sarebbe meglio venissero concentrati su altre fonti rinnovabili che esprimono un potenziale molto maggiore”.
L’incontro ha costituito l’occasione anche per presentare i risultati del monitoraggio delle portate di alcuni torrenti del comasco e del lecchese effettuate autonomamente da Legambiente grazie al sostegno di Patagonia, azienda da anni impegnata nella valorizzazione e protezione dei corsi d’acqua di tutto il mondo. La considerazione generale è che 10 delle 12 misurazioni effettuate segnalano un valore di portata inferiore al Deflusso Minimo Vitale teorico da rilasciare. Un dato che, assieme alla scarsità delle informazioni, sembra meritevole di essere segnalato alle autorità competenti per ulteriori accertamenti.
“Consideriamo grave una condotta dei concessionari idroelettrici che non garantiscono nemmeno il rilascio del deflusso minimo vitale, ovvero della condizione minima, e spesso insufficiente, che viene imposta in sede di rilascio dalla concessione, proprio per impedire la morte del corso d’acqua – denuncia Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia –. Così come noi abbiamo rilevato portate al di sotto di quelle autorizzate, vorremmo che ci fosse un impegno da parte delle istituzioni pubbliche a svolgere attività capillari di controllo e sanzionamento, che impediscano indebite rapine di risorse naturali”.