La parola palliativo deriva dalla parola latina pallium che significa mantello, protezione. Il pallio era infatti un ampio mantello indossato dai romani sopra la tunica.

Derivava dal mantello dei Greci (ἱμάτιον) ed era dai Romani considerato per questo un abito forestiero, contrapposto alla classica toga romana, che era il segno esteriore del diritto di cittadinanza per i maschi (ius togae).

Le cure palliative sono quell’insieme di cure, non solo farmacologiche, volte a migliorare il la qualità della vita sia del malato in fase terminale che della sua famiglia.

Sono praticate in caso di malattia progressiva e irreversibile, per controllare i sintomi senza intervenire sulla causa della malattia.

In inglese si chiamano “Palliative Care”, dove il verbo to care ha un’accezione più ampia rispetto al verbo to cure. To cure sta per “curare” in senso medico, ovvero diagnosticare una malattia e trattarla nella maniera più efficace. To care, invece, sta per “curare” nel senso di prendersi cura, preoccuparsi per una persona; è la cura dell’individuo nella sua totalità (corpo e spirito). Quindi le “Palliative care” si prendono cura del paziente, lo proteggono come il pallium proteggeva i romani.

Un pallium famoso è quello che il soldato Martino, divenuto poi santo, ha diviso in due per ricoprire e proteggere un mendicante seminudo incontrato nel rigido inverno del 335.
Interessante capire perché Martino da al povero solo la metà del suo mantello.

Secondo un’interpretazione (che è da verificare) il mantello faceva parte della divisa del soldato romano, che era pagata per metà dello stato romano e per metà dal soldato stesso. Quindi Martino correttamente cede la metà che gli apparteneva, non quella che apparteneva allo stato.

Un’altra interpretazione dell’episodio, indicata da Nicole Perlini, allieva dell’Accademia di Senologia di Gravedona, è quella del “sano egoismo”, cioè di un egoismo intelligente: se Martino avesse ceduto tutto il mantello avrebbe salvato il povero ma sarebbe morto lui dal freddo. Invece, con metà del mantello per ognuno dei due, entrambi si sono potuti riparare.

Un esempio moderno di questo “sano egoismo” si ha nelle spiegazioni delle procedure in caso di emergenza elencate alla partenza dei voli aerei; in caso di depressurizzazione della cabina è infatti consigliato che l’adulto si metta la maschera dell’ossigeno per primo e poi in un secondo momento aiuti a metterla anche al bambino con il quale si viaggia.

La giornata delle cure palliative ricorre proprio l’11 novembre, in occasione della festa di San Martino.

dott. Giorgio M. Baratelli
Chirurgo e direttore Unità di Senologia
Ospedale Moriggia Pelascini di Gravedona

scritto con Nicole Perlini
allieva dell’Accademia di Senologia di Gravedona

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