La bimba, mano a suo padre, procedeva saltellando lungo la strada. Era vispa, non per niente di nome faceva Teresa, con due occhioni grandi grandi ed un nasino piccino piccino. “Stai ferma, che passano le macchine” le ricordava di tanto in tanto suo padre, ma era come voler far sedere una cavalletta. L’unica, era tenerla ben salda.
La strada era ad alto scorrimento, e tutte le mattine erano costretti a percorrerne un lungo tratto per raggiungere la fermata dello scuolabus. “Oh, che bei fiori!” esclamò ad un tratto la bimba, indicandoli con la manina libera “Come si chiamano, papi?”. Lui, che di mestiere faceva il giardiniere, non aveva certo difficoltà a ricordarne i nomi.
“Si tratta del C. Carinatum e del C. Segetum ” spiegò “Guarda che belle sfumature di giallo e arancio…”. “Sì, sì, proprio belli” decretò entusiasta la vispa Teres.a “Oh, e là ce ne sono altri!” puntò il nasino più avanti, affrettando il passo. “Calma, calma” tentò di frenarla il genitore, ma lei non gli badò. “E questi, come si chiamano? Hanno il fiore doppio, che meraviglia…” “Sono il C. Sinensis e Indicum…”. “Che nomi importanti…” si stupì lei, chinandosi per osservarli meglio. “Li hanno chiamati così…” fece lui, stringendosi nelle spalle.
Procedettero ancora un poco, con le auto a sfrecciare vicine; poi, sempre la bimba, strillò: “Guarda papi! Ce ne sono ancora!” e tentò di liberarsi dalla stretta per correre avanti. “Aspetta! Ferma!” ordinò suo padre, comunque felice che a sua figlia piacessero così tanto i fiori. Allungò il più possibile il braccio “Ci arriviamo assieme!” e accelerò il passo per starle dietro. “Come si chiamano questi, papi? Come si chiamano?” domandò Teresa, impaziente, una volta raggiunti i fiori. “Dovresti dirmelo tu…” fece lui, ansimando “L’abbiamo già vista prima questa qualità…”
“Uummhh…” si mise a pensare lei, ditino sulla bocca, concentrata sui fiori. “Dai, su…” la incoraggiò il genitore “È la prima che abbiamo visto, quella con le sfumature giallo e arancio” le ricordò “Questa è più sul bianco, ma si tratta della medesima pianta…” Lei drizzò verso di lui i suoi occhioni. “C qualcosa…” “Ah, grazie…” ridacchiò lui, strapazzandole i capelli “C cosa? L’hai già dimenticato?” “Sì…” ammise lei, mogia, tornando a fissare quei bei fiori. “C. Carinatum, testona…” Lei parve un po’ risentirsene. “I prossimi, però, li voglio indovinare io” “D’accordo”
Non mancava molto alla fine del tragitto. “Ecco!” scattò di colpo la bimba “Quelli so come si chiamano!” e si mise a tirare. “Vedremo” rispose l’uomo, stando al gioco. Raggiunti i fiori, la vispa Teresa li fissò a lungo. Erano bianchi con centro giallo “Questi si chiamano C. Bellissimum!” Suo padre scoppiò a ridere. “Ma va là…” “Allora, C. Stupendicum…” “No, no, no. Imbrogliona” l’ammonì scherzosamente con un dito “Stai tirando ad indovinare…” Lei chinò gli occhi “È vero…ma è perché non lo so…” “È un po’ difficile…si tratta del C. Paludosum…” “Perché cresce nelle paludi?” “Boh…magari, anticamente…” si trovò impreparato “C’è sempre una ragione per un nome…”
“Ah…” il nasino le si fece su, curioso “Ma allora anche la C che metti sempre davanti vuol dir qualcosa…” “Certo. Sta per Chrysanthemum. Sono tutti crisantemi, nel linguaggio comune…” “Ma i crisantemi non sono i fiori dei…?” lasciò in sospeso la bimba, un po’ preoccupata. Suo padre non le rispose.
Accidenti, quante vittime della strada…
Emanuele Tavola