Numero chiuso a Medicina.
Numero ancor più chiuso per le Scuole di Specialità.
La formazione e il lavoro del medico.
L’articolo sul numero chiuso o meglio sul numero programmato a Medicina ha suscitato parecchie reazioni e commenti, qualcuno fuori tema.
Per questo mi sembra giusto ritornare sull’argomento con alcune precisazioni e considerazioni.
In realtà il post era contro l’idiozia del famigerato test, irragionevole e soprattutto non meritocratico, proposto per selezionare i candidati.
L’ideale sarebbe poter valutare le motivazioni e le attitudini del candidato, che sarà poi un futuro medico, con un colloquio conoscitivo.
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Non è detto che tutti i ragazzi che hanno superato il concorso d’ammissione, che ho paragonato alla corazzata Potëmkin del ragionier Fantozzi, saranno dei cattivi medici solo perché mal selezionati. Ne conosco tanti bravi e questo tiene viva la speranza.
A controprova anche tra i medici, che hanno avuto accesso alla facoltà senza il concorso, ce ne sono di impreparati e incompetenti.
Il mio rammarico comunque è per i tanti ragazzi bravi e motivati, che purtroppo rimangono esclusi a causa di questo moderno e perverso meccanismo di selezione.
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Il problema è la formazione (ogni tipo di formazione) perché la sua qualità è inversamente proporzionale al numero di studenti da formare, vale a dire che più sono gli studenti meno buona (in generale) sarà la formazione (senza dimenticare anche i problemi pratici, quali aule capienti, numero di professori ecc.).
Ma questo però è vero in Medicina a partire dal quarto anno, quando iniziano le cliniche e i tirocini in corsia.
Nei primi tre anni no, perché fare una lezione di anatomia o di fisiologia a 10 o a 1000 studenti per un professore è lo stesso.
Per questo gli esami dei primi anni dovrebbero essere molto severi e selettivi.
E’ quello che tanti hanno definito selezione naturale.
Basterebbe poi introdurre la semplice regola che ogni studente ha due possibilità di sostenere un esame e se dopo due tentativi non lo supera è fuori, non fuoricorso ma fuori dalla facoltà, cioè, in gergo da videogiochi, è game-over.
In Ghana, mi pare che lo studente abbia una sola possibilità per ogni esame.
Questo si traduce in massima preparazione e impegno da parte dello studente che affronta l’esame e scoraggia la cattiva abitudine di presentarsi per tentare l’esame sperando nella fortuna, che poi nella realtà professionale sarà pagata dal paziente, che si troverà un medico impreparato ma fortunato agli esami e che purtroppo non è altrettanto fortunato nella pratica clinica.
Inoltre si eviterebbe l’affollamento delle sessioni d’esami causato da tanti studenti che hanno rifiutato il voto a un esame precedente.
Infine la formazione pratica degli ultimi anni potrebbe essere molto migliorata se delegata in periferia agli ospedali (in USA ho visto l’esempio di un tutor ala quale era stato affidato un solo specializzando), anche se la delega alla periferia è ostacolata e fortemente contrastata, perché percepita dai famosi baroni universitari (ma ce ne sono ancora?) come una pericolosa perdita di potere.
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Per rimanere in tema di formazione (problema che di per sé dovrebbe essere affrontato e rivisto globalmente) andrebbero introdotti corsi obbligatori di etica e deontologia medica già nei primi anni e anche questi esami dovrebbero essere molto selettivi.
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Oggi, quando lo studente si laurea, si trova davanti ad un altro test perverso, quello per entrare nella scuola di specialità. I posti in specialità sono pochissimi: si forma così un altro terribile e demotivante imbuto formativo.
Quello delle scuole di specializzazione è un’altra assurdità che andrebbe affrontata perché è un ulteriore disagio imposto ai giovani laureati.
Per portare qualche numero, nel 2020 sono riusciti ad accedere alla specializzazione 60 candidati su 100 mentre nel 2019 sono stai solo 47 su 100.
Una riflessione semplice, lampante e lapalissiana è che questa necessità di una specialità per poter lavorare significa che dopo 6 anni di formazione universitaria lo studente dichiarato medico non è sufficientemente formato.
Allora mi chiedo che formazione ha ricevuto in 6 anni? È tutta una farsa il precedente percorso accademico?
Tutto questo serve a tener parcheggiati perniciosamente i giovani medici in una specie di limbo fatto di sostituzioni, notti nelle RSA, guardie mediche e anche turni in Pronto Soccorso (di altissima pericolosità).
Bisogna trovare soluzioni per il grandissimo “spreco” o cattivo utilizzo di medici giovani, che sono in pratica privati dalla possibilità di specializzarsi e di esercitare la professione a loro più congeniale.
Un esempio per tutti: un mio allievo che voleva fare dermatologia per il meccanismo perverso dell’ingresso in specialità adesso fa ortopedia. Non è proprio la stessa cosa.
Tra l’altro in questo momento c’è una grande richiesta di dermatologi per la necessità della prevenzione dei tumori della cute, che sono in aumento. Trovarne uno è diventata un’impresa ardua!
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Il problema della pianificazione del numero dei medici è strettamente interconnesso con il problema del lavoro del medico.
Il medico ha enormi responsabilità, è sottopagato ed è sottoposto a turni massacranti con la scusa che siamo in emergenza perché scarseggiano i medici, ma l’emergenza ha per definizione un termine temporale, non può essere così continua, perché in questo caso non è più corretto parlare di emergenza ma di vizio cronico.
Questi sono i fattori che determinano l’abbandono degli ospedali da parte dei medici per fare altro e purtroppo anche l’abbandono del sistema Italia per lavorare all’estero, in condizioni migliori e con maggiori considerazioni, economiche e non solo.
In conclusione il problema della programmazione dei medici è molto complesso perché deve tener conto della formazione universitaria, della formazione post-universitaria, del carico di lavoro del medico, dall’adeguamento dei salari.
La carenza di medici, di cui si parla tanto, non sarà colmata solamente con più laureati in Medicina ma potrà essere colmata solo quando a tutti i laureati in Medicina sarà garantita la possibilità di specializzarsi, quindi di esercitare concretamente la professione che li affascina.
In chiusura vorrei dare un suggerimento per risolvere elegantemente, rapidamente e in modo semplice, anche se solo in parte, il problema della carenza di medici : è quello di assumere segretarie, che costano molto meno, per espletare tutto il lavoro burocratico che attualmente è a carico del medico.
Tante volte impiego meno tempo a operare che a scrivere poi la cartella, il registro operatorio, il modulo della richiesta dell’esame istologico, le etichette, la dimissione.
Ma forse, in un paese che ama la complessità, questa è una soluzione troppo semplice.
Giorgio M Baratelli
Chirurgo senologo
Direttore Unità di Senologia Ospedale di Gravedona (Co)
Membro Comitato Scientifico Accademia di Senologia “Umberto Veronesi”
Presidente LILT di Como