Si apprende dalla stampa che in data 28 giugno 2023 chiude ufficialmente la scuola materna di Crebbio.

Tutto questo accade nel silenzio più rumoroso, nell’accondiscendenza di una comunità vile, di un voltarsi delle istituzioni e nel far spallucce delle rappresentanze religiose. Una realtà che ha vissuto con entusiasmo e sacrifici di un’intera comunità, grazie all’aiuto delle generazioni passate che attraverso sacrifici, sudore e donazioni hanno fatto in modo di farla crescere per poi donarla ai posteri con la convinzione nobile di dare alla comunità un fiore all’occhiello.

Negli ultimi anni con una chirurgica e cinica oculatezza, dopo averla spremuta per bene, siamo giunti alla triste fine. Inutile dare responsabilità al fato o alla mancanza di bambini (la verità suggerisce di sottolineare che molte coppie di Crebbio hanno spostato i loro bimbi in altre scuole materne, è solo una questione numerica o gestionale?). Sono ben note le responsabilità, quelle vere e concrete, di cui fa comodo tenere nascosti i nomi e cognomi, per non sporcare l’immagine di chi, nella comunità vile e bugiarda con sé stessa, deve essere immacolato.

Molti sarebbero coloro che dovrebbero camminare per il paese con il cartello al collo con la scritta ‘ASINO’, davanti a coloro che per quella struttura ha messo cuore anima, ancor oggi presenti, e chiedere umilmente perdono a coloro che non ci sono più, ma che in passato hanno contribuito alla creazione di quello che è sta venendo a mancare. Questa gente forse, crede che basti una santa Messa alla domenica mattina, per lavarsene la coscienza?

Ritengo giusto elencare e rendere note alla comunità le responsabilità, a differenza di chi con un silenzio assordante cerca di far passare tutto nel dimenticatoio. La responsabilità primaria è di una comunità che nel silenzio si è fatta portare via quello che era ed è il fiore all’occhiello di una intera frazione, che si è vista far chiudere un’oratorio, che non ha mai reagito ai continui divieti e imposizioni da parte di chi si è impadronito di una struttura della comunità, facendola diventare una struttura privata/famigliare.

Una comunità che si è vista togliere e cancellare una festa di paese, con motivazioni assurde e prive di logica, e facendo diventare la tradizionale festa di San Antonio un’occasione di business e passerella elettorale. Una festa privata tra i soliti noti, molti dei quali oggi fanno lacrime di coccodrillo, di cui mai si è saputo la destinazione del ricavato, tenuto ben nascosto, sotto qualche chiave di sicurezza. Andreotti diceva che: “a pensare male si fa peccato, ma talvolta ci si azzecca”. Tutto questo nel silenzio globale.

Le responsabilità non sono di tutti, sia ben chiaro, che si abbia il coraggio di assumersi le proprie responsabilità. Esiste una parte di comunità che è stata messa ai margini, che non si è voluta allineare e piegare la testa. In secondo luogo la responsabilità delle istituzioni che per anni hanno, con complicità e interessi elettorali, taciuto sulla gestione della struttura, elargendo ogni anno denaro pubblico per il mantenimento della stessa. Come è possibile tutto questo? Forse, lecito domandarci, conveniva tacere per non turbare la fetta di voti democristiana e non turbarne il profondo sonno?

In ugual modo le istituzioni religiose, che per anni hanno voltato le spalle di fronte a una situazione che era a loro ben nota e più volte segnalata. Una fine di cui ci hanno perso tutti. Dalla memoria dei fondatori, dalla comunità intera, alle istituzioni, alla frazione di Crebbio, agli organizzatori delle feste, che sicuramente sono i primi a essere stati presi per i fondelli, ma forse a loro insaputa. Era proprio per quello che erano stati assoldati, per terminare di pagare gli ultimi anni di una lunga maternità!

Una fine che ha il suo inizio parecchi anni precedenti e probabilmente scarso sarà l’interesse a ripulirne la memoria. Sicuro, nella possibilità di una rinascita, venga tenuto lontano chi è stato responsabile di una fine certamente triste, venga fatta chiarezza dalle istituzioni e venga raccontata la verità e nel caso si vengano a riscontrare i requisiti si proceda legalmente. Il famoso proverbio di Confucio ci invita a non meditare la vendetta: “Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico”.

 

Flavio Angeli