COLICO – Inutile negarlo, il confronto di Colico con le realtà più importanti del circondario – le uniche con cui è opportuno rapportarsi per cogliere ciò che si può migliorare, dal momento che è facile fare confronti “vincenti” con i paesi di poche centinaia di abitanti -, è sempre critico.
Non si tratta soltanto di una questione di investimenti sulla cultura (per esempio, da circa un anno e mezzo l’importante biblioteca già aperta di rado chiude persino il mercoledì pomeriggio nell’indifferenza generale).
Uno dei problemi più gravi e irrisolti negli ultimi decenni è certamente la quasi totale assenza di eventi dedicati alle nuove generazioni, mancanza che oltre a causare una continua emorragia di giovani verso le città vicine con maggiore disponibilità di servizi, si percepisce pesantemente nelle opinioni di decine di ragazzi colichesi che abbiamo interpellato.
Ciò che più abbiamo riscontrato sorprendentemente nella grandissima parte è, tristemente, la volontà nel breve periodo di abbandonare la nostra realtà una volta terminati gli studi superiori. Questa tendenza non sembra un capriccio, quanto piuttosto – come ci è stato rimarcato spesso – una conseguenza dell’assenza di numerosi servizi e di possibilità di svago per adolescenti e ragazzi, per almeno 8 mesi all’anno su 12.
Piazza Garibaldi, pieno centro, un sabato sera di febbraio, ore 21. Non vola una mosca, la strada è deserta, si scorge a malapena qualche ragazzo diretto ai principali bar disponibili. Ancora peggio verso le 23 e mezzanotte. Sembrano lontani i tempi in cui Colico ospitava una decina di pub e locali per la serata e la notte.
Abbiamo fatto la stessa osservazione sempre nel fine settimana in una cittadina situata a 20 chilometri di distanza. Morbegno, bassa Valtellina (non si parla certo di Miami o Milano). L’atmosfera è completamente diversa, alle 21 come a mezzanotte: il centro pullula e vi sono diversi pub che offrono un vero e proprio servizio “discoteca”, locali pieni dove si entra a fatica. Certo, non sarà la movida del capoluogo meneghino, ma quantomeno si ha un’impressione di vita, una sensazione di brio e di fermento: imprescindibile per una città in cui dover abitare tutto l’anno, per una città che non vuole essere disprezzata e abbandonata dai suoi stessi concittadini.
Anche Chiavenna, dove gli abitanti sono qualche centinaio in meno di Colico, presenta una situazione certamente diversa dalla città dei Montecchi.
Qualcuno potrebbe far notare le diverse dimensioni di Morbegno in termini di abitanti (circa 11mila), quando invece lo scarto con Colico è di 3mila a malapena. La verità è che i nostri vicini, realtà cittadine a tutti gli effetti e non dal potenziale inespresso come Colico, lo sanno fare molto meglio. I nostri vicini, compresi i valtellinesi tanto detestati da un punto di vista campanilistico nei secoli scorsi, potrebbero essere una valida scuola da considerare per impedire che Colico diventi unicamente città della terza età e seconda casa di cittadini milanesi.
Se è vero che sugli esercizi propriamente commerciali poco si può fare, è anche vero che da un punto di vista turistico si potrebbe costruire molto con eventi non unicamente rivolti agli anziani. Le varie feste “paesane” organizzate al Palalegnone e le poche iniziative nel periodo non estivo non attraggono certo le nuove generazioni colichesi: figurarsi chi viene da fuori…
Il problema, in sostanza, non è certo la mancanza di idee, bensì di capacità e forse volontà organizzativa: dopotutto, si potrebbe ritenere che Colico vada già bene così, sedendosi su un risultato che in realtà presenta molti punti oscuri. In realtà, risulterebbe davvero difficile negare le grandi criticità, soprattutto in questo settore.
Una cittadina dal grande potenziale dove purtroppo, però, avvicinare i giovani sembra davvero impensabile ed impossibile.
Giovanna Aldeghi
per Lario News