LECCO – Un appartenente al vasto e multiforme panorama dell’alpinismo locale ci ha inviato il frutto di una sua riflessione su storia, attualità e futuro di quel mondo, fatto di associazioni, gruppi, team, aggregazioni. A volte coesi, più spesso “in guerra tra di loro” – come sottolinea l’autore di questo lungo articolo che pubblichiamo a puntate a partire da oggi.
Un lavoro che non mancherà di suscitare commenti e forse polemiche; un altro ‘addetto ai lavori‘, nel confermare la validità delle bozze, ci ha detto scherzando che nessuno ha mai osato mettere insieme tutto questo materiale e soprattutto divulgarlo in forma pubblica. E in effetti lo stesso firmatario del testo ha preferito mantenere il proprio anonimato – volontà questa che rispettiamo assumendoci dunque la responsabilità della pubblicazione.
UNA SOAP OPERA? NO, LA STORIA DELLE ASSOCIAZIONI ALPINISTICHE LECCHESI
C.A.I. Lecco e sottosezioni, Ragni della Grignetta che van distinti da Ragni di Lecco A.S.D., S.E.L., U.O.E.I., Gruppo Gamma (diverso da Team Gamma), A.C.A.L., A.P.E., Fondazione Cassin. Sono solo alcuni dei nomi che si affollano sul web, digitando in un qualsiasi motore di ricerca “Associazioni Montagna Lecco”. Un bel numero per una cittadina di nemmeno 50mila anime.
Per fare un po’ di ordine nella faccenda bisogna andare indietro di qualche tempo. Correva l’anno 1970 e nella nostra città esistevano solo i Ragni della Grignetta, gruppo alpinistico già di fama, e il C.A.I., associazione nazionale orientata a diffondere la cultura e la pratica dell’escursione in montagna sotto tutte le sue forme. Come da prassi il gruppo più di nicchia – quello alpinistico – si appoggia a quello più vasto per i vantaggi che questo comporta e di conseguenza tutti i maglioni rossi debbono tesserarsi anche al club alpino, circostanza questa da tener presente.
Ma torniamo al 1970: un’attiva e scalpitante sottosezione del C.A.I. Lecco – quella di Belledo – decide di festeggiare i suoi primi dieci anni di vita con un progetto avanguardistico: far fare ai suoi giovani e promettenti soci un’esperienza extra-europea. Così nove giovanissimi alpinisti della sottosezione guidati da Carlo Mauri, partono alla volta della Patagonia per scalare l’inviolata parete Ovest del Cerro Torre. Il coraggio e lo spirito d’avventura di questi rocciatori non è premiato: l’impresa fallisce a soli 250 metri dalla vetta. Questo episodio però rompe un equilibrio e dà avvio ad una serie di eventi a catena che finiranno per spaccare in due l’ambiente della montagna lecchese.
Ci sono da un lato le nuove leve del C.A.I. Belledo, impazienti di emergere; dall’altro gli alpinisti del C.A.I. Lecco, rappresentativi di uno strato della società già affermato e facoltoso. Poi c’è lui, la celebrità dei Ragni: Riccardo Cassin. Un Cassin ormai ultrasessantenne che tuttavia, come ogni grande eroe della montagna, non ha la minima intenzione di essere spodestato.
Quello che si profila è uno scontro, non diverso da quelli che infiammavano il nostro paese in questi anni di contestazione: da una parte i giovani e la loro brama di scrivere una nuova pagina dell’alpinismo lecchese; dall’altra gli alpinisti già “arrivati” che non hanno intenzione di rinunciare alla loro consolidata posizione. Questo braccio di ferro culmina nel 1976 quando Cassin – in qualità di presidente del C.A.I. Lecco – decide di chiudere la sottosezione di Belledo, che di fatto stava acquisendo sempre più prestigio, oscurando quella centrale. La reazione dei soci non si fa attendere e si traduce nella richiesta di eliminare dallo statuto dei Ragni l’obbligo di tesserarsi al C.A.I. di Lecco. Cassin rifiuta l’istanza e a questo punto la scissione è inevitabile. Dodici degli scalatori della nuova generazione, capeggiati da Aldino Anghileri, abbandonano i maglioni rossi per dare vita ad una storia diversa e per molti tratti alternativa. Nel 1977 assieme ad altri soci rifondano la sezione lecchese dell’Unione Operai Escursionisti Italiani. Associazione nazionale con gruppi in tutta Italia, indirizzata a promuovere la passione per la montagna a 360 gradi: una sorta di alter ego del C.A.I.
Certo, che sia proprio un’unione di operai e che la sua chiusura nel ’28 sia da ascrivere al fascismo, sono fatti che contribuiscono a sottolineare l’alterità con cui si presentava il nuovo gruppo rispetto al vecchio.
La redazione di LeccoNews