LIERNA – Ci ha contattati un’insegnante del liceo linguistico di Lecco, Alice Bianchi, che, con i suoi allievi, ha realizzato un interessante progetto, davvero speciale, all’insegna della multiculturalità. Ma non solo. Eccolo raccontato direttamente da lei.ALICE BIANCHI

“Sono un’insegnante del liceo linguistico Manzoni e vi vorrei raccontare di un progetto affrontato in classe con i miei ragazzi di seconda. Faccio una premessa: sono fortunata perché insegno inglese e ho una classe che mi dà molte soddisfazioni. Sarà perché è una delle materie d’indirizzo e sono molto motivati, sarà perché sono particolarmente bravi. In una classe così è allettante proporre dei progetti che, pur partendo dal testo scolastico, vanno ad abbracciare la realtà che sta fuori dalla classe, le notizie che i ragazzi sentono in sottofondo al Tg della sera, senza magari afferrarne pienamente il senso.

Vado con ordine. A gennaio, dopo le pagelle, c’è la tradizione di fermare le lezioni ordinarie per una settimana di recuperi e approfondimenti. Recuperi per chi ha carenze, approfondimenti tematici per gli altri. Ed è qui che è nata l’idea di un progetto speciale. La nostra scuola è volta al multiculturalismo, all’internazionalità, si studiano quattro lingue straniere, si fanno scambi culturali all’estero. Nella nostra scuola i ragazzi imparano ad aprirsi verso il mondo. Ed io, pochi giorni prima, avevo avuto modo di conoscere dei ragazzi stranieri, poco più grandi dei miei alunni, con delle storie autentiche e sensazionali da raccontare. E mi sono detta, sarebbe bello portarli in classe, farli intervistare dai miei studenti. Ecco, così è nato tutto.

Nella settimana precedente all’arrivo dei nostri ospiti, abbiamo visto tre video per prepararci. Uno era il discorso di Malala all’ONU, in cui una ragazza loro coetanea parla dell’importanza dell’istruzione come unica arma per sconfiggere la guerra e il terrorismo. Un altro video, invece, preso da un reportage della TV tedesca Deutsche Welle, narrava le operazioni di salvataggio di un barcone di disperati. La troupe televisiva era proprio a bordo di una nave italiana nel corso dell’operazione Mare Nostrum. Il terzo video, infine, l’ho preso dal sito del giornale inglese The Guardian: era un reportage sul viaggio tragico di cinque ragazzi siriani, poco più grandi dei miei, scappati dalle bombe per finire in mezzo al mare e poi, i tre di loro sopravvissuti, rifugiarsi in Svezia. Tutto in inglese, ovviamente.MANZONI NIGERIANI

Ecco, dopo aver visto i video e letto articoli, tutto materiale autentico e non semplificato, i ragazzi erano pronti. Ho spiegato loro che avremmo avuto quattro ospiti speciali, quattro sopravvissuti a uno dei viaggi che avevano visto nei video, che ci avrebbero raccontato le loro storie.

In piccoli gruppi hanno quindi preparato le domande per l’intervista.
Quando i quattro ragazzi Nigeriani sono entrati in classe, c’è stato un attimo di emozione, da entrambe le parti. Uno di loro aveva la cicca in bocca e ho dovuto dirgli che da noi non si mastica a lezione, un altro aveva gli occhiali da sole, ma non c’è stato verso di farglieli togliere. Credo fosse il suo modo per “ripararsi”, per nascondere le emozioni, e non solo per darsi un’aria vip.

Avevo già avuto modo di parlare con due di loro, a Ballabio, durante il pranzo Italo-Nigeriano organizzato dal Gas di Ballabio. Avevo già ascoltato alcuni frammenti delle loro storie, ma ai miei  ragazzi non avevo detto niente. Dopo le presentazioni  li ho divisi in quattro gruppi e ognuno con un VIP da intervistare. In ogni gruppo c’era chi aveva un compito preciso: chi faceva le domande, chi prendeva appunti, chi registrava. In questa classe abbiamo la fortuna che, grazie al progetto Generazione Web, i ragazzi sono dotati di IPad e questo strumento ci è stato molto utile in tutte le fasi del progetto, dalla condivisione del materiale, alla visione sullo schermo, alla redazione dei testi e dei video.TRAILER MANZONI HOPE Nell’ora e mezza del lavoro in gruppi, io sono stata un’osservatrice esterna. Ho fatto qualche foto, qualche ripresa. Li ho osservati lavorare. Ascoltavano assorti, corrugavano la fronte, sorridevano, ridevano. Con gli occhi vivi e luminosi. Esaurite le domande, hanno continuato a chiacchierare, sempre in inglese, di musica, sport, robe da ragazzi insomma. Uno degli ospiti, che scrive canzoni, ha persino canticchiato un suo pezzo, di cui andava particolarmente orgoglioso.

La settimana successiva, in classe, i miei ragazzi hanno ripreso il lavoro in gruppi, questa volta per riscrivere le storie. Poi si sono occupati di realizzare dei video, che a me sembrano straordinari, ma io sono di parte. Ecco, abbiamo avuto l’opportunità di entrare in contatto con una realtà vera, abbiamo utilizzato la lingua inglese per leggere, ascoltare, parlare, scrivere in modo autentico e non artificioso, con native speakers, perchè i ragazzi Nigeriani parlano inglese tra loro e non hanno ancora imparato l’italiano. Abbiamo aperto i nostri orizzonti e i nostri confini. Abbiamo viaggiato senza uscire dalla classe”.

Quello che segue è il trailer del progetto che la professoressa ha realizzato con le immagini di quella mattina a scuola, in un giorno ordinario. Anzi no, straordinario.

Dalla redazione di Lecco News