MANDELLO DEL LARIO – Sabato sera nella chiesa di Olcio l’organo è stato protagonista a 360 gradi. L’appuntamento non si è limitato infatti alla elevazione musicale ma durante i brani proposti dal giovane Daniele Panizza gli organizzatori hanno ripercorso la storia del Santuario della beata Vergine del Fiume, sempre a Mandello, fin dagli inizi dotato di uno strumento, e aggiornato sulla condizione dei restauri ormai prossimi alla partenza.
Ecco l’esauriente scheda di Alessandro Milesi.
Il Santuario della beata Vergine del Fiume in Mandello del Lario è sicuramente una delle chiese più belle dell’intero patrimonio artistico presente sul territorio lariano. Questo gioiello del primo Barocco, edificato in soli tre anni nel periodo dell’immediata Controriforma, è da sempre al centro della pietà popolare mandellese. Ma i nostri avi non si accontentarono di portare a termine la sua costruzione in un tempo così breve: grazie al concreto e cospicuo aiuto da parte della famiglia degli Airoldi, allora molto presente a Mandello, lo dotarono, sin da subito, delle preziosissime decorazioni e rifiniture (ad opera dei maestri più abili, quindi anche i più cari) che tutti noi possiamo ancora ammirare nella loro eccezionale integrità. Ci piace ricordare che la famiglia Airoldi era allora insediata a Mandello da un paio di secoli. Con l’arciprete del tempo promosse la costruzione del Santuario della Beata Vergine del Fiume su una parte della sua proprietà. La chiesa fu poi sempre di patronato Airoldi, anche quando la famiglia spostò i suoi maggiori interessi a Milano e Palermo.
Nei documenti relativi al Santuario si evince la volontà di dotare la chiesa di un organo fin dai primi momenti della sua apertura al culto. È del 1650, infatti, il primo documento che attesta la presenza di un strumento utilizzato per il servizio divino. Si tratta di un fatto piuttosto inusuale dato che, per evidenti ragioni economiche, difficilmente una chiesa nuova veniva dotata di un organo negli anni immediatamente successivi alla sua costruzione. Chiese istituzionalmente molto più importanti (non dimentichiamo che non stiamo parlando di una chiesa parrocchiale) hanno dovuto attendere secoli prima di vedersi completate con la dotazione di uno strumento di prestigio.
Chiunque abbia avuto la fortuna di varcare la porta di questo bellissimo Santuario non ha potuto fare a meno di notare, nell’altissima balconata sopra il portale d’ingresso, una schiera di canne, incorniciate da una splendida cassa lignea e dorata, perfettamente contestualizzate con lo stile della chiesa. Si tratta di ciò che rimane dell’antico strumento di cui parlavamo sopra e attribuibile alla scuola dell’organaro Carlo Prati, il quale, dalla seconda metà del Seicento in poi, visse il suo momento di massima celebrità. Le ultime testimonianze sull’organo funzionante risalgono agli anni ’50 del XX secolo; successivamente, dopo oltre trent’anni di inutilizzo, si perde ogni traccia di questo prezioso strumento.
Nell’agosto 2016, grazie all’interessamento di esperti ed appassionati, i quali hanno dato vita a un’associazione ad hoc intitolata ai musicisti mandellesi Anselmo Zucchi e Giuseppe Scanagatta, è stato raccolto l’antico materiale sparso in diversi luoghi. È stato fondamentale il contributo di un mandellese, il quale – nonostante voglia mantenere l’anonimato – ha avuto la sensibilità, la lungimiranza e la cura di salvare e preservare la maggior parte dei componenti dalla distruzione. Oggi, grazie a lui, direi per miracolo, è stato possibile il quasi integrale recupero e ora potrà avere inizio il restauro storico filologico.
Per le affascinanti e complesse operazioni di restauro è stato creata un’associazione di volontari i quali, nella consapevolezza di amministrare un bene appartenente alla collettività, potranno iniziare la fase relativa allo studio del materiale ritrovato grazie a uno stanziamento della Fondazione della Provincia di Lecco, che comunque, perché diventi concreto, necessiterà del contributo dei cittadini. Per la fase di studio disponiamo già della somma di 25000,00 stanziati per metà dalla Fondazione della Provincia di Lecco e per metà da una banca locale e siamo certi che ne scaturirà un lavoro più unico che raro.
Perché allargando lo sguardo al territorio nazionale, ci accorgiamo che non esistono quasi più organi del Seicento intatti.
Il mandellasco emerge per la peculiarità degli ottocenteschi strumenti di Olcio e Crebbio, sui quali si svolgono già master class di richiamo internazionale con organisti di chiara fama, in collaborazione con la Scuola di Musica San Lorenzo. Ora con uno strumento originale del 600′ Mandello potrebbe divenire ulteriormente terra privilegiata in questo settore culturale. Quello che alla maggior parte delle persone può sembrare un sogno ambizioso ha invece già destato l’interesse delle principali istituzioni europee, che vedrebbero proprio in Mandello il luogo ideale per approfondire la prassi esecutiva su strumenti storici italiani e nel contempo godersi le bellezze del lago di Como e portarci un turismo di livello.
Stiamo tutti insieme realizzando qualcosa importante e di unico per il nostro territorio.
Un ringraziamento per la disponibilità e il supporto all’arciprete di san Lorenzo don Donato Giacomelli e al sindaco Riccardo Fasoli, al presidente della associazione “Giuseppe Scanagatta e Anselmo Zucchi” che sta gestendo il restauro.