Ho letto il comunicato del sindaco Riccardo Fasoli relativamente all’intenzione di dedicare un monumento al dramma delle foibe, in memoria di Adriano Jadran Savarin, membro dell’Associazione Nazionale Carabinieri in congedo, alla quale ho già fatto pervenire il cordoglio della Sezione Lario Orientale di Anpi.

Il sindaco fornisce l’occasione per una riflessione su di una storia lunga, lunga e molto complicata, come ci ricorda la stessa legge 30 marzo 2004 n. 92, che vuole “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
A cavallo del confine orientale (prima, durante e dopo la guerra) non vi sono state pagine di deportazione, espulsione o, peggio, “pulizia etnica”: termine per altro generato dagli eventi di un tempo storico successivo. La definizione più corretta è un’altra. Lì si sono prodotti veri e propri “fenomeni di sostituzione nazionale”.

Non possono essere occultati i crimini del fascismo di confine e dell’occupazione militare della ex Jugoslavia da parte dell’Italia, nonostante il rapporto della commissione mista italo-slovena degli ultimi anni del 900 che proponeva una lettura condivisa di quei drammatici eventi e che è troppo spesso ignorata.

Le foibe furono causate in molti casi da dinamiche politiche violente e repressive legate alla resistenza in atto in Jugoslavia. Furono uccisi molti responsabili di crimini, ma anche persone innocenti e persino alcuni collaboratori del movimento di liberazione. In altri casi le foibe furono causate da una cieca volontà di vendetta ed in altri ancora da veri e propri delinquenti. Condanniamo le esecuzioni sommarie e rispettiamo il dramma dell’esodo che ha colpito tanti italiani che vivevano in Istria e in Dalmazia. Ricordiamo inoltre la snazionalizzazione dei croati e degli sloveni, la mancata punizione dei criminali di guerra italiani e il sostegno italiano al regime criminale di Ante Pavelić in Croazia.

Lì si sono prodotti veri e propri “fenomeni di sostituzione nazionale”. Il che non paia una diminuzione della portata di quei fatti, fosse solo perché è stata una delle strategie applicate in angoli diversi del continente su come “accomodare” persone con appartenenze nazionali diverse in un unico Stato. Va pertanto contrastata in sostanza ogni rilettura della storia in chiave nazionalista.

Le foibe e l’esodo rappresentano il passato in comune di tre popoli. In nome della comprensione delle gigantesche sofferenze della popolazione dell’Istria, del Litorale sloveno e di tutte le aree di Slovenia e Croazia occupate dagli italiani, nonché delle vittime uccise nelle foibe e degli esuli, è tempo di promuovere la cultura del rispetto, della tolleranza e dell’integrazione.

I confini tra Croazia, Slovenia e Italia non devono essere intesi come barriere tra i popoli, ma come una porta intesa alla collaborazione reciproca.

Roberto Citterio, presidente ANPI Sezione Lario Orientale