PERLEDO – L’Esercito nega una medaglia alla memoria di un soldato di Perledo disperso in Russia nella seconda guerra mondiale. Un erede, pronipote del militare, non ci sta e scrive una lettera molto dura al Ministro della Difesa.

Pietro Renato Attilio Poletti, mio prozio, ha combattuto su tre fronti militari nella seconda guerra mondiale, per poi essere classificato come ‘Disperso in Russia’, e gli si nega una medaglia commemorativa? No. Non può finire così” scrive Renato Ongania autore del libro Non ti ho conosciuto ma porto il tuo nome. Ma dall’Esercito oggi viene contestata la mancanza del requisito di soggettività per avanzare una domanda di conferimento di una medaglia postuma.

“D’Accordo – prosegue Ongania – mi sta bene, ma allora sia lo Stato, d’ufficio, a conferire un segno alla memoria. Lo Stato lo ha chiamato alla guerra, lo Stato deve riconoscergli il merito di aver fatto il proprio dovere, giusto o sbagliato che fosse. Non entro certo nel merito. Io non ho mai avuto la pretesa di rappresentare gli interessi di mio prozio, non l’ho nemmeno conosciuto, e per di più non ne sono degno, oltre che essere soggettivamente incompetente dal punto di vista giuridico. Ho però la necessità umana di raccogliere il significato del suo sacrificio per quanto sciocco e assurdo possa sembrare oggi, quello sì che è importante (e non solo per me). Lo stesso giorno che ho ricevuto la risposta dell’Esercito alla mia istanza di maggio in cui mi si notificava l’impossibilità di procedere al conferimento postumo della medaglia commemorativa della Seconda Guerra Mondiale, ho scritto a Guido Crosetto, neo Ministro della Difesa del 31esimo governo della Repubblica Italiana”.

“Sono curioso di vedere fin dove si spingerà l’assurdità della burocrazia, la mia – prosegue Renato Ongania – può apparire una battaglia persa, di riforma del sistema dei meriti militari, ne sono consapevole… Può darsi! Chiedo alle istituzioni di essere antropocentriche perché per questo hanno combattuto in nostri avi, per delle Istituzioni intelligenti, capaci di darci la Pace, il Benessere, la Felicità, e sopra ogni cosa la Libertà di essere, fare e avere: la possibilità di vivere in un paese giusto”.

“In un mondo che si sta spingendo verso il riarmo, sento che le istituzioni devono dare dei segnali chiari di saggezza. So di non essere solo in questa posizione. In un memento così delicato come quello che stiamo vivendo, le Istituzioni dovrebbero imparare a comunicare con un linguaggio più etico, umano, capace di cogliere il senso delle istanze che giungono dal basso, non di ‘usare’ la legge per proteggersi da un addendum di Servizio, di cura, di attenzione. In generale quando i funzionari pubblici si trattengono dall’interpretare il loro ruolo all’interno di organi di Servizio dello Stato, organi concepiti come strutture intelligenti, occorre mettere sul piatto la posta in gioco, il deterioramento del rapporto fiduciario cittadino-istituzioni, e quindi manifestare il disappunto nelle forme più adeguate, e cercare di far evaporare la stupidità che in maniera del tutto subdola si è sostituita al Scopo per il quale essi stessi sono impiegati: servire il cittadino. Confido che il Ministro possa cogliere il senso della mia protesta e sanare la falla disponendo una concessione d’ufficio, a me basta anche una medaglia virtuale che possa in qualche modo certificare ‘quelle scuse’ che non sono mai giunte, le scuse del Regno d’Italia, del Governo Mussolini, nei confronti di coloro che poco più che ventenni hanno perduto la vita per servire la Patria”.

 

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