PERLEDO – La Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, seguendo le indicazioni dell’On. Bagnai, ha convocato il Comitato Alberto – giovedì 18 luglio – a Montecitorio, per un’audizione informale sulla proposta di riforma della Legge sulla Privacy (n. 1074), che se venisse approvata andrebbe a derogare la normativa sulla riservatezza delle comunicazioni telefoniche nei casi di ricerca di persone scomparse.

“Per quanto mi riguarda – afferma Renato Ongania, presidente del Comitato Alberto – si tratta di una battaglia per una riforma di buon senso. A suo tempo avevo scritto a tutti i deputati e a tutti i senatori, mi risposero in otto su seicento, fate voi le dovute percentuali. Il Comitato è nato quando la Prefettura di Lecco non si stava muovendo, cioè tre giorni di ricerca avevano saturato le loro funzioni e obblighi di legge; quando l’autorità giudiziaria della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecco non aveva emesso un’ordinanza per autorizzare il Comando dei Carabinieri di Bellano a richiedere i dati telefonici agli operatori delle telecomunicazioni, e cercare in quel modo di ritrovare mio fratello scomparso da settimane. La mia insistenza non fu ripagata, anzi sono stato poi accusato in una nota della Prefettura conseguente all’azione ispettiva di un deputato, on. Benzoni, di essere appunto “insistente”, cioè questo è ciò che è stato riferito al Ministro della Giustizia Nordio rispetto al mio agire. Bene, a distanza di quasi due anni da quella tragedia si apre un’opportunità, da un certo punto di vista preziosa, per far emergere la stupidità della legge sulla privacy, e quindi del Legislatore italiano, che è stato capace di postulare scenari mortiferi pur di tutelare la privacy. Verrebbe da chiedersi a beneficio di chi?“.

“Secondo tali ‘menti feconde’ che rappresentano i cittadini italiani in Parlamento, la riservatezza delle comunicazioni è un diritto da tutelare senza tenere in alcuna considerazione una semplice all’applicazione del buon senso. I casi di specie che si presentano, e continueranno a verificarsi, non potranno essere affrontati con una discrezionalità operativa dell’autorità giudiziaria, perché la legge non lo permette. In tale prospettiva miope e per usare un termine forte che ho già usato in passato, “omicida”, poco importa se per tutelare la privacy (che nessuno vuole screditare), si rinuncia tout court a proteggere la vita di una persona, anche se in tesi potrebbe essere in stato di grave pericolo. In pratica, senza stare a pensare chissà quali riforme giurisprudenziali, come ha insegnato il caso di mio fratello, se viene fatta una denuncia di allontanamento di una persona con conclamati problemi di salute (per fare un esempio reale, crisi epilettiche), denuncia fatta con i sacri crismi che la forma richiede, ad oggi, nel rispetto delle leggi, non è possibile ricorrere ad un accesso ai dati telefonici delle ultime 24-48 ore del dispositivo cellulare della persona scomparsa perché si andrebbe a violare la privacy. Più precisamente i soccorritori possono risalire solo dell’ultima cella agganciata dal telefonino. Se si abita in una zona come la nostra, con le montagne e le zone d’ombra, con lo specchio del lago che riflette i segnali, non si ha praticamente nulla con cui guidare le ricerche per il ritrovamento della persona scomparsa”.

“Anche solo i criteri di efficacia ed efficienza richiederebbero di accedere immediatamente ai dati telefonici, senza dover disturbare il buon senso che pare collidere con la legge, questo perché lì, nei dati del telefonino con le ultime chiamate in entrata e in uscita, ma anche con gli spostamenti (da ricostruire con triangolazioni multi cella), vi potrebbero essere quegli indizi utili per un possibile ritrovamento. Le eccezioni previste dal Legislatore alla normativa privacy, hanno a che vedere con il sistema di classificazione delle notizie di reato che vengono riportate nel registro presso la Procura, non essendovi alcun reato per un allontanamento, si fa fatica a motivare una violazione della privacy. In sostanza, quello che ho scoperto sulla mia pelle, le eccezioni vengono ridotte ai casi di terrorismo, rapimento, crimini violenti e poco altro – se invece, ed è la casistica di gran lunga più comune – ad avere bisogno di aiuto è una persona perbene, magari anche con problemi di salute, sempre con il principio di dover tutelare la riservatezza delle sue comunicazioni, quindi nel pieno rispetto della legge, l’Autorità Giudiziaria che ne avrebbe titolo, non ha la possibilità (o discrezionalità) concreta di autorizzare le forze di polizia a chiedere ai gestori delle telecomunicazioni di fornire i dati telefonici. Se per ipotesi lo facesse, si porrebbe fuori dal perimetro della legalità. A me è parsa da subito come un’assurdità impossibile da accettare nel 2022. Non lo è nemmeno nel 2024″.

“Insomma, in quei venti minuti a disposizione alla Camera dei Deputati, dirò ai miei interlocutori, a coloro che sono titolati a fare le leggi che regolano la nostra convivenza nella società, che abbiamo un nemico comune da combattere, e che tale nemico ha un nome: si chiama paradigma tecnocratico. Spiegherò loro che si tratta di un fenomeno aberrante, già denunciato da papa Francesco in almeno due documenti importanti, si tratta di un fenomeno che è presente e opera nella nostra civiltà, secondo tale sistema la tecne è diventata più importante della Vita, e così la privacy del telefonino più importante della vita di una persona. Dirò loro qual è la mia scala valoriale e cercherò di farli dubitare della loro assiologia valoriale: portando al Parlamento la case history di mio fratello esporrò al corpo legislativo della Repubblica il paradosso di aver negato l’accesso ai dati telefonici e l’aver ritrovato il cadavere con accanto il telefono cellulare. Dirò loro che occorre far prevalere la tutela della Vita rispetto alla tutela della Privacy. Questo non riporterà in vita mio fratello: lui ha dedicato gran parte della propria vita ad aiutare gli altri, evidentemente lo continua a fare anche ora che non c’è più. Le modalità con cui se n’è andato, finendo in un dirupo a pochi chilometri da casa e con il telefono cellulare accanto, mi motivano ad un impegno nel Comitato. Mi auguro che tutto questo parlare e scrivere servirà ad aggiustare la legge”.

Con Ongania, seguendo l’iter in Commissione Giustizia il prossimo giovedì 18 luglio, ciascuno per venti minuti saranno sentiti il Commissario Straordinario del Governo per la Ricerca di Persone Scomparse, prefetto Maria Luisa Pellizzari; il garante per la Protezione dei dati Personali, Pasquale Stanzione; Vincenzo Nicolì, direttore del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, Direzione centrale anticrimine; Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli; Roberto Pellicano, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Milano; Maurizio De Lucia, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo e Licia Califano, professoressa di diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”.

Le audizioni saranno disponibili in streaming sui canali web tv della Camera dei Deputati.