BELLANO – Interessante e partecipato lo speech tenuto dal dottor Daniele Blaseotto a una riunione organizzata dal PD a Bellano sul tema della sanità territoriale. Un quadro esauriente, con proposte, sul tema “Il medico di medicina generale al servizio del paziente o della burocrazia?” – titolo che parla già da sé e pone immediatamente l’attenzione sul mestiere attuale del medico.
Daniele Blaseotto è un medico di medicina generale da più di trent’anni a Lecco, con circa 1600 pazienti. Nel corso della sua attività di medico ha avuto modo di operare in altri contesti, come le case di riposo per 10 anni, l’istituto penitenziale per 6 anni, altri ambienti sanitari e, per non fasi mancare nulla è stato anche medico della Calcio Lecco dal 1995 e medico di rugby. Nella sua presentazione ha affermato che, per la sua esperienza, ha un quadro complessivo dei bisogni di medicina generale di cui necessità il nostro Paese e soprattutto il nostro territorio, anche perché il numero dei pazienti complessivi che ha curato finora è sicuramente superiore alle cinquemila unità, che è un campione abbastanza significativo per fare delle analisi sul servizio prestato dai medici di medicina generale.
Il dr. Blaseotto è anche un miracolato, scampato alla prima ondata di Covid, con più di tre settimane di ospedalizzazione, con il casco e con molte altre impegnative conseguenze che ancora lo affliggono.
Ha anche dichiarato che qualche mese prima che scoppiasse il Covid, un politico che va per la maggiore e appartenente alla forza politica che ci governa in Lombardia, al meeting di Rimini di quell’anno ebbe a sostenere che” i medici di medicina generale ormai non servivano più, e più nessuno andava dai medici di medicina generale, perché ormai si andava dagli specialisti”.
A quella affermazione assolutamente e gravemente sbagliata, Blaseotto, dopo essere sopravvissuto al Covid, rispose con una lettera durissima che fu pubblicata da molti giornali e i fatti, ancor di più oggi, evidenziano a tutti, a partire dai pazienti, quanto siano invece importanti i medici di medicina generale, con tutta una serie di supporti aggiuntivi sul territorio, e come sia cambiato il loro mestiere (in peggio rispetto al servizio al paziente) in questi ultimi tre anni.
Poi ha introdotto il tema della sua riflessione affermando: “Nella mia esperienza e quotidianità, il medico di medicina generale non è più a tempo pieno al servizio del paziente ma si deve occupare di molte cose burocratiche che dovrebbero e potrebbero essere gestite in forme diverse”.
Secondo Blaseotto “Questo è il tema forte su cui si deve applicare la politica: chiedersi dapprima se il servizio sul territorio dei medici di medicina generale funziona, e siccome il servizio ha non poche criticità che dovrebbero essere affrontate, bisogna decidere cosa fare e come, da subito”.
Ma ancora: “Quando curiamo un paziente con problemi importanti, bisogna decidere cosa bisogna fare e come, da subito e agire immediatamente altrimenti il paziente non si cura. All’organizzazione della sanità dobbiamo applicare lo stesso paradigma che usiamo con i pazienti, per far funzionare meglio il servizio dei medici di medicina generale, capire i differenti contesti anche territoriali, prestare assolutamente grande attenzione al settore delle fragilità dove ci sono tante persone che a causa di età, censo, vari tipologie di handicap vivono nella dimensione della sofferenza e occorre reagire con concretezza in armonia con tutte le organizzazioni e gli enti che operano nel campo di queste fragilità. Allora non serve più sentire una politica che ci dica le cose buone che ha fatto, non abbiamo più bisogno di sentire i politici dove ognuno dice che ha fatto qualcosa di buono. Le cose che funzionano nella sanità devono essere l’ordinarietà e la quotidianità, è il mestiere di chi se ne deve occupare. Sono le cose che non funzionano di cui ci si deve occupare e che devono sempre essere nell’agenda della politica. Soprattutto il settore delle fragilità, che contiene diverse tipologie di sofferenze deve avere una priorità di attenzione”.
Interessante poi, dopo una prima presentazione, la ricostruzione del mestiere del medico di medicina generale di Blaseotto, secondo la sua esperienza quotidiana: “Un medico responsabile deve curare e far star bene i suoi pazienti, ed ha tutti gli elementi per fare la sua autovalutazione e capire se il suo servizio prestato è confacente e soddisfacente per i propri pazienti. Oggi, quando arriva sera tardi, spesso dopo più di otto ore tra studio, visite domiciliari, ricette e burocrazia, mi chiedo se ho soddisfatto i mei pazienti e quantifico quanto ho dedicato a loro e quanto ho dedicato all’attività burocratica che un sistema sanitario in affanno fa ricadere sul medico periferico. Ecco allora che occuparsi di politica della sanità significa, prima di tutto conoscere le cose e come funzionano e dove ci sono problemi da risolvere, ma conoscerle bene, e soprattutto conoscere bene il mestiere, oggi, del medico di medicina generale. Ma c’è da farsi un’altra domanda: con la carenza di medici di medicina generale che abbiamo, e sempre più ne andranno in pensione nei prossimi mesi e nei prossimi anni, e sarà una criticità enorme, ha senso che una quota di attività importante del medico sia diventata quella del burocrate? È evidente che le forze politiche che si occupano di queste cose, prima di tutto non conoscono bene la situazione di cui si dovrebbero occupare. Quindi c’è una evidente carenza sulla conoscenza della realtà, a partire dalle condizioni delle differenti fragilità. Molto frequentemente le decisioni vengono prese senza che nessuno conosca come funziona il sistema”.
Delle criticità del mestiere attuale, Blaseotto evidenzia poi le principali ricadute sui pazienti. Quali sono gli effetti di questa situazione sugli assistiti? “È molto semplice: ci sono gli effetti interni al servizio di medicina generale e gli effetti esterni. Gli effetti interni sono che il tempo da dedicare al paziente è sempre più ridotto e laddove ci sono criticità che magari potrebbero essere risolte dal medico di medicina generale, si è costretti a ricorrere al pronto soccorso, intasando un servizio essenziale che è altrettanto in difficoltà. Poi ci sono gli effetti esterni al sistema di medicina generale: la complessità delle liste di attesa per gli esami, per le visite specialistiche, che oggi sono raddoppiate rispetto a qualche anno fa. Insomma, tutto è terribilmente e patologicamente rallentato. Se per una ecografia bisogna aspettare parecchi mesi o addirittura sentirsi dire che le agende di prenotazioni sono chiuse, come si può curare un paziente? Questo per indicare solo le criticità che osservano tutti. Poi ci sono le criticità più specifiche delle varie categorie delle fragilità”.
Continua il dr. Blaseotto: “Molta gente rinuncia alle cure, anche perché non è in grado di ricorrere al servizio privato a pagamento. Poi, come conseguenza, viene meno molta attività sanitaria di prevenzione. La punta di diamante di un servizio sanitario che funziona deve essere l’attività di prevenzione. E alla fine si è arrivati a prendere atto che si sta delineando sempre più una specie di classificazione dei pazienti: quelli che possono ricorrere alla sanità privata, i pazienti che pur non potendo sempre ricorrere alla sanità privata, in caso di necessità superano le criticità del pubblico con il privato; e poi infine abbiamo i pazienti che non possono ricorrere alla sanità privata, tra i quali troviamo tutti i settori delle differenti fragilità, che spesso rinunciano a curarsi. Quest’ultima è la categoria più numerosa e problematica. Tutto si riconduce a più patologie non curate o curate male e alla fine chi si occupa di statistica ci dirà che l’effetto finale sarà una diminuzione dell’età di vita media delle persone”.
A questo punto Blaseotto ha formulato delle proposte operative alle forze politiche, affermando che per affrontare un problema così complesso e trovare le possibili soluzioni, non sempre facili e immediate, occorre partire dai medici di medicina generale e dalle organizzazioni ed enti che operano direttamente in campo sui pazienti e in modo, fortemente coordinato, avere un controllo continuo del polso della situazione. Blaseotto, tra gli enti da coinvolgere in modo attivo cita Auser, Anteas, Terzo Settore, Servizi Sociali dei Comuni e altri ancora. Infatti, ”l’anamnesi della situazione organizzativa” in cui versa il sistema, deve essere fatta prima di tutto da chi “sta in campo” a contatto di chi ha bisogno; quindi, dai medici di medicina generale e da quegli enti che agiscono sul territorio, ma tutto ciò deve essere fatto in modo molto coordinato. Sono costoro che toccano ogni giorno con mano la situazione, e soprattutto le fragilità.
È anche “le prognosi per la correzione dei difetti del sistema”, con le varie “terapie organizzative d’urto e di profilassi” devono essere definite con la collaborazione dei medici di medicina generale e di questi enti. L’osservazione e la proposta di Blaseotto sembra interessante anche perché trova coerenza con quello che nella scienza dell’organizzazione è chiamato “l’approccio clinico ai sistemi”, ossia allo studio dei problemi organizzativi. Infatti, da tempo, nella riorganizzazione delle aziende si usa l’approccio che in sanità si applica per curare un ammalato: anamnesi, prognosi e terapie.
Conclusioni del noto medico: “Come fare per coinvolge i medici di medicina generale alla riorganizzazione del servizio? Si devono istituire, innanzitutto, degli osservatori permanenti con i medici di medicina generale e i servizi prossimi ai pazienti sul territorio, per aree e territori omogenei, con dei campioni significativi. Si deve identificare, assieme al campione dei medici, un “cruscotto” di parametri essenziali, che siano indicativi per rappresentare la funzionalità del sistema, e che sia monitorato continuamente. Solo così la politica che deve indirizzare o decidere può avere contezza di come funzionino le cose e quindi essere più vicina ai bisogni dei cittadini. E su questi parametri oggettivi rilevati dai cruscotti, sempre con il contributo dei medici e dei servizi che integrano il lavoro dei medici, si devono indirizzare le scelte organizzative e conseguentemente fare le scelte politiche. E se si vuole coinvolgere il medico per attività non mediche, lo si faccia allora per conoscere e costruire un servizio migliore e non per attività burocratiche, sicuramente anche necessarie, ma che non sono nella catena del valore delle attività prevalenti del medico e che forse potrebbero essere fatte con altre modalità”.
In un Paese nel quale si monitorano tutte le abitudini dei cittadini, spesso anche per le cose futili, dove i sondaggi sono diventati attività di business di molti istituti di ricerca, la proposta del dottor Blaseotto di istituire degli osservatori permanenti sui servizi prossimi ai pazienti sul territorio sembra una proposta concreta per indirizzare il miglioramento di un servizio essenziale come quello dei medici di medicina generale.
RedSan