Le patologie croniche rappresentano ad oggi la principale causa di morte e di invalidità al mondo. Quando parliamo di patologie croniche parliamo di una serie di malattie con eziopatogenesi varia, che spesso si manifestano in età adulta. Con il termine “eziopatogenesi” si intende l’insieme delle cause e delle modalità attraverso cui si sviluppa una malattia, e nel caso delle patologie croniche la ricerca sta ancora duramente lavorando.
Ad oggi sappiamo per certo che esistono una vasta gamma di fattori di rischio che possono concorrere a determinare l’insorgenza di una data patologia. Tra i fattori di rischio si possono identificare fattori di rischio non modificabili, che dipendono in larga parte da predisposizioni genetiche e organiche del singolo individuo, e fattori di rischio modificabili, che invece si identificano in quei comportamenti che il soggetto mette in atto e che possono incidere notevolmente sullo sviluppo di patologia. Su questi fattori di rischio modificabili si può agire in modo importante, al fine di correggere le abitudini disfunzionali e nocive. Tra i principali fattori di rischio modificabili possiamo identificare il fumo, l’alcol, la sedentarietà e la mancanza di esercizio fisico, l’alimentazione. In questo senso l’intervento dello psicologo può essere determinante, sia in termini di prevenzione che di psicoeducazione relativamente alle abitudini e agli stili di vita del soggetto, con l’obiettivo di ridurre la messa in atto di comportamenti potenzialmente dannosi per la salute della persona.
Seppur definite da questi aspetti comuni, le patologie croniche possono differenziarsi tra loro a seconda degli organi o apparati che interessano, dei loro decorsi clinici e delle prognosi che determinano, delle terapie che vengono impiegate nella loro gestione, del modo in cui impattano sulla vita del paziente che ne è affetto e sulla sua famiglia. Tra le principali e più diffuse patologie croniche ricordiamo le patologie croniche cardiovascolari e quelle dell’apparato respiratorio, il diabete, l’obesità severa, le patologie a carico del sistema immunitario, l’ipertensione arteriosa, le malattie oncologiche.
Ma cosa accade quando la patologia cronica si manifesta? L’insorgenza della patologia cronica determina il manifestarsi di una serie di segni e sintomi specifici, attraverso un episodio acuto oppure a seguito di una serie di indagini ed esami che il Medico di Medicina Generale predispone per approfondire una serie di disturbi fisici riferiti dall’individuo. Già nella prima fase di diagnosi il soggetto si trova ad esperire una vasta gamma di emozioni connesse alla diagnosi stessa, al senso di improvvisa rottura di un equilibrio di vita e di salute fino a quel momento conservato, a vissuti di paura e angoscia rispetto a quello che sarà il decorso della patologia e l’impatto che questa avrà sulla sua vita. Inoltre, spesso il soggetto che riceve la diagnosi fatica a comprendere quanto gli viene riferito e ciò che la diagnosi comporta, in termini di conseguenze. A questo proposito è utile, come già avviene in molte realtà ospedaliere italiane, che nell’equipe medica che segue il paziente in questa fase diagnostica sia presente anche la figura dello psicologo, con l’obiettivo principale di supportare lo staff medico nella fase di comunicazione di diagnosi e di essere di supporto psicologico al paziente che la riceve. Spesso, infatti, il paziente che riceve una diagnosi di cronicità sperimenta vissuti di ansia, angoscia, depressione, dolore e rabbia, che si accompagnano ad un profondo senso di perdita di tutta una gamma di possibilità di vita e di normalità. Generalmente i pazienti, ripensando e raccontando i momenti in cui hanno ricevuto la comunicazione della diagnosi, usano l’espressione “ho sentito crollarmi il mondo addosso” proprio per indicare quei vissuti emotivi altamente provanti determinati dall’improvvisa percezione di vedere il proprio mondo totalmente stravolto.
Dopo un’iniziale fase di smarrimento legata alla rottura dei propri equilibri di vita è bene però che il paziente e la famiglia si addentrino, insieme all’equipe curante, nel processo di cura del paziente. Generalmente la patologia cronica è una patologia che accompagnerà il paziente per tutto il corso della sua vita, poiché spesso è irreversibile. Tuttavia, è possibile convivere con la propria patologia cronica e imparare a gestire questa nuova fase della propria vita, acquisendo e definendo una serie di comportamenti e di strategie, anche emotive, che consentono al soggetto la miglior qualità di vita possibile, compatibilmente con la sua diagnosi. A questo si affianca la necessità del paziente di ridefinire una nuova identità personale poiché spesso il paziente cronico sente venir meno tutta una serie di aspetti legati alla propria identità, come l’autostima, l’autoefficacia, immagine corporea e senso di controllo, in ragione dell’imprevedibilità della malattia e dei sintomi ad essa associati.
In una mission medica in cui si punta, come abbiamo già visto anche in precedenza, a rifarsi ad un modello bio-psico-sociale, dove il soggetto portatore di malattia deve necessariamente essere collocato al centro del processo di cura, appare evidente come in un quadro di patologia cronica il paziente debba essere il punto centrale di tutto il processo terapeutico che ruota intorno alla sua malattia. In questo senso, da un punto di vista psicologico, appare fondamentale che il paziente riacquisisca o conservi una discreta percezione di sé all’interno del suo contesto di malattia e di cura, e che quindi sia in grado di instaurare una buona alleanza terapeutica con l’equipe medica che lo segue e che si senta partecipe e coinvolto nei processi decisionali che riguardano il suo percorso. La figura dello psicologo in questo senso è fondamentale per il paziente cronico, che si trova costantemente nella condizione di sperimentare vissuti emotivi destabilizzanti, al fine di accompagnarlo in tutte le fasi di malattia e di cura.
Dott.ssa Elisa Tagliaferri
Psicologa Clinica
(Ordine degli Psicologi della Lombardia, n. 22232)
elisatagliaferri.psicologa@gmail.com
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Psicologia. La salute mentale è un diritto, ma non tutti lo sanno