VARENNA – Proiezione di fotografie e dialogo a Villa Cipressi di Varenna, nella “Sala del Caminetto”, sabato 26 maggio alle 16.30. Ingresso libero fino ad esaurimento posti, l’evento si terrà nel rispetto delle norme anti Covid-19.
Nessuno lo ha mai visto. Le vie dimenticate per rinascere uomini è un percorso umano e artistico – sette opere di misericordia corporali e sette opere di misericordia spirituali, per un totale di 198 fotografie – a cura di due sacerdoti impegnati nell’ambito culturale, intellettuale, sociale e giovanile.
Alberto Lolli è attualmente rettore dell’Almo Collegio Borromeo di Pavia, fondato da San Carlo Borromeo nel 1561: è un fine e intenso scrittore, ricercatore di una parola capace di scavare nella coscienza, di scheggiare le certezze difensive per scoprire il valore profondo dell’umano. Pietro Raimondi, già cappellano del carcere di San Vittore a Milano, è stato missionario in Timor Est – gli abitanti lo chiamavano maun, termine che si usa per chiamare il fratello maggiore – e insegna ora presso i centri di formazione professionale delle suore salesiane. La sua penna è la fotografia, l’immagine, capace di cogliere la terra sacra perché intrisa di un’umanità assetata, come un Mosè che si toglie i sandali al contatto con la terra lenita dal roveto ardente: la nuda terra dell’esistenza e della sacralità.
Le pagine del volume si permeano di intrecci e dialoghi, di parole e immagini per cogliere la presenza di Dio attraverso un’interpretazione moderna, aperta e includente delle opere di misericordia. E così siamo meravigliati dal titolo di un capitolo: “Insegnare agli ignoranti – Dar da bere agli assetati“, in cui Lolli scrive: ‘La verità non si può inchiodare. È un poliedro che celebra la bellezza nell’abbraccio e regala l’unità nella differenza di molteplici angolazioni. Di tutte ha bisogno. Nessuna esclusa. Per questo la saggezza non chiede molte nozioni, ma un cuore che riconosca il vuoto che ha dentro di sé. Questo vuoto si chiama ignoranza e abita tutti gli umili che mai ritengono assoluto il proprio punto di vista, per quanto essenziale’.
La foto che accompagna il testo è scattata con un grandangolo e ritrae, in un delicato bianco e nero, alcune ragazzine sorridenti di Timor est, disposte a raggiera, che stanno giocando con un cellulare, che diviene il centro dell’immagine. Nella fotografia diviene uno strumento che se da una parte suscita meraviglia per le ragazzine, dall’altra diviene simbolo della comunicazione, di un ponte che mette in relazione culture differenti. Non solo. Il cellulare è quello di don Raimondi, che si è saputo avvicinare agli abitanti, si è fatto prossimo ed è stato prossimo. Come egli stesso racconta, ha provato a non chiudersi, facendo diventare il proprio volto grande come uno schermo, ma facendo diventare lo schermo grande come il proprio cuore.