Con la legge 8 ottobre 2010 n.170, “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico” si riconoscono la dislessia, la disgrafia, la discalculia e la disortografia come appunto Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) definibili come disturbi che si manifestano in presenza di capacità cognitivi adeguate ma in assenza di patologie neurologiche o di deficit sensoriali, ma che possono costituire un’importante limitazione nelle attività quotidiane. L’OMS (1993) definisce tali disturbi come “disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche”.
Il disturbo specifico dell’apprendimento presenta alcune caratteristiche che lo definiscono: in primo luogo si tratta di un disturbo innato, ovvero che ha una origine genetico-costituzionale. Il disturbo infatti rappresenta la manifestazione di una particolare organizzazione funzionale della persona già presente alla nascita. Inoltre, il disturbo si caratterizza come persistente poiché mostra una certa resistenza ai trattamenti di recupero e di potenziamento che vengono messi in atto. Tali interventi indubbiamente sono in grado di produrre lenti e parziali miglioramenti, ma non riescono a riportare la prestazione del soggetto entro i valori tipici. In ultimo è bene sottolineare come il disturbo sia cronico.
La pratica clinica evidenzia la possibile compresenza nella stessa persona di più disturbi specifici dell’apprendimento e considera spesso in associazione a questa diagnosi anche problematiche legate, per esempio, a disprassie o disturbi dell’attenzione.
I DSA dal punto di vista epidemiologico rappresentano una delle condizioni cliniche più frequenti fra le problematiche che caratterizzano l’età evolutiva. A livello nazionale, circa il 3-4% della popolazione ne è affetta.
Vediamo nello specifico quali sono le caratteristiche e le differenze tra i tipi di Disturbi Specifici dell’apprendimento.
La legge n.170/2010 definisce la dislessia come un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà nell’imparare a leggere, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici, ovvero nella correttezza e nella rapidità della lettura. Secondo questa definizione quindi la dislessia si caratterizza per la difficoltà di automatizzazione delle procedure di decodifica che ha come conseguenza una lettura lenta e inaccurata. È interessante sapere che la lentezza nella decodifica è una caratteristica destinata a permanere, mentre l’accuratezza migliora in relazione alla scolarità e grazie agli interventi mirati. È altresì interessante ricordare che la dislessia presenta caratteri di ereditarietà. Infatti, secondo Lorusso (2016) “un individuo dislessico ha circa il 40% di probabilità di avere un figlio dislessico”.
La disortografia è un disturbo specifico dell’apprendimento della scrittura e in particolare di quello he riguarda il suo aspetto linguistico. Sempre la legge n.170/2010 definisce la disortografia come un disturbo che si lega agli aspetti di trascodifica nei processi linguistici. Vale a dire che la persona con disortografia non riesce a rispettare le regole e le convenzioni che caratterizzano la nostra lingua scritta.
La disgrafia invece si riferisce alla scrittura manuale e fa riferimento al controllo degli aspetti grafici, formali, della scrittura manuale ed è collegata al momento motorio-esecutivo della prestazione. In altre parole, la disgrafia è un disturbo specifico di natura motoria che si manifesta con una significativa difficoltà nella realizzazione grafica dei segni alfabetici e numerici e interessa l’aspetto della capacità tecnica di scrittura.
In ultimo, la discalculia è definibile come un disturbo che interessa le attività di trascodifica numerica, cioè gli studenti con discalculia mostrano alcune specifiche difficoltà nella lettura e nella scrittura dei numeri.
L’autrice
Dott.ssa Elisa Tagliaferri – Psicologa Clinica
(Ordine degli Psicologi della Lombardia, n. 22232)
elisatagliaferri.psicologa@gmail.com