Benché, come abbiamo visto in precedenza¹, i disturbi depressivi si collochino al primo posto tra i disturbi mentali², i disturbi d’ansia sono indubbiamente quelli che, nel percepito comune, hanno la prevalenza. Capita di sovente, infatti, di sentire qualcuno asserire con convinzione di “avere l’ansia”, per i più disparati motivi e nelle più svariate manifestazioni. In effetti parlare di disturbi d’ansia significa sottendere una vastissima gamma di disturbi e di loro declinazioni, in termini psicofisici e di manifestazioni sintomatologiche e comportamentali associate. Occorre pertanto cercare di semplificare quanto più è possibile cosa sia un disturbo d’ansia e, senza perdersi nelle varie sfumature diagnostiche, riconoscere cosa sia l’ansia fisiologica e cosa invece faccia propendere per una problematica patologica.
L’ansia si definisce fisiologica quando il suo scopo è, in qualche modo, quello di proteggere l’individuo da una data situazione o di attivarlo affinché egli sia in grado di svolgere un compito che richiede un livello di prestazione più elevato. Infatti, quando dobbiamo svolgere un compito o una prestazione particolarmente importante o significativa per noi, un livello adeguato di ansia ci consente di mantenerci attivi e orientati su quel compito, mettendo in atto tutte le risorse di cui disponiamo per fronteggiarlo. Esempi classici in questo senso possono riguardare l’ambito scolastico, lavorativo e sportivo, quando un livello adeguato di ansia da prestazione ci consente di raggiungere l’obiettivo in modo soddisfacente.
La paura, frequentemente associata e persino confusa con l’ansia sia per le componenti cognitive sia per quelle fisiologiche, ha un ruolo protettivo per l’individuo: l’emozione di paura associata ad uno stimolo pericoloso, per esempio, ci consente di assumere un comportamento tale da garantirci uno stato di sicurezza e protezione in relazione al pericolo concreto conseguente.
È opportuno, tuttavia, distinguere la paura dall’ansia. La paura rappresenta infatti la risposta emotiva ad una minaccia imminente, reale o percepita, mentre l’ansia è l’anticipazione di una minaccia futura. Naturalmente questi due stati si sovrappongono ma sono anche tra loro differenti: la paura è più spesso associata a picchi di attivazione autonomica necessaria alla lotta o alla fuga, a pensieri di pericolo immediato e a comportamenti di fuga, mentre l’ansia è più frequentemente associata alla tensione muscolare e alla vigilanza in preparazione al pericolo futuro e a comportamenti prudenti o di evitamento³.
Tuttavia, quando ci si discosta in modo marcato dalla normale paura o dall’ansia fisiologica si ottengono stati persistenti o eccessivi, che possono arrivare ad essere anche sproporzionati rispetto allo stimolo. Sotto il grande cappello dei disturbi d’ansia, come abbiamo detto, ci sono diverse declinazioni diagnostiche, ma ciò che accomuna tutti questi disturbi è, appunto, la presenza di caratteristiche di ansia e paura eccessive che comportano disturbi comportamentali correlati. Inoltre, i disturbi d’ansia differiscono dalla normale paura o ansia evolutive perché sono eccessivi e persistenti rispetto allo stato di sviluppo. Molti disturbi d’ansia, infatti, si sviluppano in età infantile e tendono a persistere se non vengono debitamente trattati.
Le persone con una diagnosi di disturbo d’ansia sono persone che soffrono immensamente a causa delle manifestazioni sia fisiologiche che comportamentali che il disturbo comporta, nonché delle conseguenze sul piano relazionale, sociale e lavorativo. Lo stato d’ansia può insorgere in qualsiasi momento di vita del soggetto, in relazione ad eventi più o meno stressanti e ad una serie di fattori predisponenti che variano da persona a persona. Si deve tenere conto che i disturbi d’ansia comportano una serie di comportamenti che il soggetto mette in atto nel tentativo di contrastare l’episodio di ansia acuta o di attacco di panico e che spesso queste strategie sono disfunzionali all’individuo stesso, benché egli non se ne renda conto.
Nel tentativo quindi di arginare uno stato psicofisico negativo il soggetto corre il rischio di mettere in atto comportamenti che, sul lungo periodo, possono rivelarsi ancora più deleteri dello stato d’ansia stesso. Può trattarsi di comportamenti sul piano lavorativo, come un minor prestazione o uno stato di distrazione generale che comporta un risultato più scadente nei compiti. Di sovente le implicazioni possono ricadere sui rapporti relazionali di coppia, famigliari o sociali di vario genere, arrivano in casi estremi ad un marcato ritiro sociale e dalle attività consuete. Oltre alla componente comportamentale bisogna tenere conto degli aspetti di somatizzazione dei disturbi d’ansia, ovvero di tutte le conseguenze che l’ansia comporta sul piano organico. Molti organi e apparati sono interessati dalla somatizzazione dell’ansia: disturbi a carico dell’intestino, dello stomaco e dell’apparato cardiaco, così come cefalee e disturbi alimentari.
I disturbi d’ansia possono essere trattati e gestiti in svariati modi: dalle neuroscienze alla psicoterapia, dalla farmacoterapia alle principali tecniche psicologiche, fino alle tecniche meno convenzionali ma di sempre maggior impiego e successo.
Come per tutti i disturbi mentali, di qualsiasi entità, fondamentale è un rapido riconoscimento della problematica, al fine di intervenire quanto prima possibile. La raccomandazione di fondo, quindi, è sempre quella di rivolgersi ad uno specialista, il proprio medico curante o uno psicologo, al fine di valutare insieme la problematica e il contesto nel quale si origina, ed eventualmente procedere con un piano d’intervento mirato e calibrato sulla singola persona. La salute mentale è una componente imprescindibile del nostro benessere e deve essere assolutamente monitorata e gestita come merita, al pari di qualsiasi disturbo fisico.
Fonti
1 https://www.larionews.com/cultura/psicologia-la-salute-mentale-e-un-diritto-ma-non-tutti-lo-sanno
2 Istituto Superiore di Sanità https://www.epicentro.iss.it/mentale/esemed-pres
3 DSM-5, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, APA 2013 (quinta edizione, Raffaello Cortina)
Dott.ssa Elisa Tagliaferri – Psicologa Clinica
(Ordine degli Psicologi della Lombardia, n. 22232)
elisatagliaferri.psicologa@gmail.com