GRAVEDONA – Il Consiglio Superiore di Sanità ha comunicato con una circolare firmata dal Direttore Generale Giovanni Rezza, che è possibile considerare la somministrazione di un’unica dose di vaccino anti-SARSCoV-2/COVID-19 nei soggetti con pregressa infezione da SARS-CoV-2 (decorsa sia in maniera sintomatica che asintomatica), purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno 3 mesi di distanza dalla infezione e preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa.
Il dottor Giorgio M. Baratelli, chirurgo senologo e direttore di senologia presso l’ospedale “Moriggia Pelascini” di Gravedona ha spiegato il contenuto della circolare cercando di tradurlo in parole più semplici: a quanto pare, il Consiglio Superiore di Sanità ha dichiarato percorribile l’ipotesi di somministrare una sola dose di vaccino a coloro che hanno già contratto il virus. Il razionale scientifico della circolare ministeriale, comunque non esplicitato, è che la malattia o l’infezione (anche asintomatica) siano da considerarsi come la prima dose di vaccino, e che la vaccinazione vera e propria, eseguita entro i 3 e non oltre i 6 mesi, possa essere paragonata alla seconda dose.
L’indicazione non è valida per i pazienti con immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici, per i quali si raccomanda di proseguire con la schedula vaccinale normale, cioè di una doppia dose di vaccino, per i tre vaccini ad oggi disponibili.
Infine è stato ribadito che, per decidere se vaccinare o meno, non è raccomandata, come indicato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’esecuzione di test sierologici, perché l’indicazione della risposta anticorpale nei confronti del virus potrebbe non essere attendibile nel caso di varianti o comunque di soggetti esposti per varie ragioni al rischio di reinfezione.
Lo scopo è ovviamente risparmiare vaccini e nel contempo mettere in sicurezza rapidamente quanti più cittadini possibile. Va messo bene in evidenza che l’indicazione della Circolare Ministeriale non è un’imposizione ma una possibilità operativa, che quindi può essere seguita o meno. Come spesso succede in Italia, si tratta di “raccomandazioni”: non è chiaro, arrivati a questo punto, a chi spetta prendere la decisione.
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