Storico dell’arte, docente, scrittore, Philippe Daverio è innanzitutto un grande comunicatore capace di riempire teatri, di incantare le platee con la sua eloquenza disquisendo di arte, storia, filosofia. Una spettacolarizzazione della cultura che può far storcere il naso a qualcuno, ma che ha l’indubbio pregio di avvicinare un vasto pubblico, soprattutto giovanile, a temi solitamente appannaggio di ristrette élite.
Ospite abituale del cartellone di eventi organizzati a Verona dall’Associazione culturale IDEM – percorsi di relazioni, Daverio ha tenuto a battesimo la nascita dell’Associazione Amici della Biblioteca Capitolare, nata allo scopo di tutelare e divulgare l’inestimabile patrimonio librario di questa istituzione, che con i suoi 1500 anni di storia è una delle più antiche biblioteche del mondo occidentale, e che ha avuto trai suoi frequentatori niente di meno che Dante Alighieri e Francesco Petrarca.
Migliaia di volumi unici, tra cui le Istituzioni di Gaio, la sola versione esistente al mondo di Diritto Romano riformato dal giurista nel 172 d.C., un’edizione del De Civitate Dei del filosofo cristiano Sant’Agostino coeva all’autore, l’Evangeliarium Purpureum, realizzato nel V secolo per l’incoronazione di Teodorico Imperatore, vergato in oro colato su pergamena purpurea, hanno fatto da cornice alla chiacchierata di Daverio sul tema In Libro veritas, tema che ci ha offerto lo spunto per porgli alcune domande.
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Prof. Daverio, qual è stato il ruolo del libro nella storia della società occidentale?
«Se dovessimo scrivere una Costituzione europea potremmo partire dal principio che l’Europa si fonda sul libro, pilastro della cultura occidentale. Non che gli altri popoli non ne abbiano prodotti, basti pensare alla Biblioteca di Alessandria d’Egitto andata distrutta, o a quella di Baghdad, una delle più importanti dell’antichità rasa al suolo dalle orde Mongole, o a quella Cinese, immolata sull’altare delle lotte di potere all’interno dell’Impero. Ecco, noi europei abbiamo una prerogativa che ci accomuna: le biblioteche le conserviamo».
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