DORIO – La “dolce attesa”, quel periodo in cui alla fine della gravidanza ci sarà un essere vivente da stringere tra le braccia di mamma e papà. Nove mesi in cui la coppia progetta e immagina con gioia ed entusiasmo come sarà il futuro con un figlio.
Purtroppo però, possono crearsi delle situazioni diverse che trasformano questo momento in un dramma, con la perdita del figlio che la mamma porta in grembo. Il dolore che queste donne devono sopportare è enorme, a volte lo trasformano in rabbia, silenzio o senso di colpa.
L’unica cosa che resta loro è recarsi in un cimitero a portare dei fiori o accendere una candela su una tomba. Per i bimbi mai nati non c’è Babbo Natale che porta loro i regali. Con i DPCM che vietano gli spostamenti in comuni diversi da quello di residenza, anche compiere questo gesto diventa complicato. Daniela Dell’Era 44enne di Dorio, ha perso la sua bambina, a cui avrebbe dato il nome di Clara, nel febbraio del 2018.
“Ero all’inizio del quarto mese di gravidanza e nel febbraio del 2018 mi sono recata in ospedale per effettuare l’esame bitest, un esame che si fa per valutare il rischio di sindromi cromosomiche dei neonati. In quel momento mi venne detto che la mia bambina non aveva battito e mi hanno fissato l’intervento per l’interruzione.
Il mattino seguente alle 7 dovevo essere in ospedale. La sala operatoria era vicina alla sala parto. Durante il consulto preoperatorio, provata della lunga attesa nella stanza adiacente la sala monitoraggi e ancora sconvolta dalla notizia del giorno precedente, hanno chiesto, a me e mio marito, cosa avremmo fatto con il corpo della bambina una volta terminato l’intervento, subito non abbiamo risposto, pensavamo di avere tempo per decidere.
Circa due ore dopo, alla fine dell’intervento a cui sono stata sottoposta, un’infermiera mi ha messo sotto gli occhi, io ero appena sveglia dalla sedazione, un vasetto contenente del liquido azzurro e mi ha chiesto cosa avrei fatto di quella cosa che loro chiamano materiale abortivo, ma per noi era Clara. Non ero in grado di decidere e ho delegato mio marito che, sapendomi davvero sconvolta dalla situazione, ha dato procura all’ospedale per la sepoltura pensando di alleggerire il nostro già pesante carico di emozioni da gestire in quei momenti.
Dopo diversi mesi in cui volevamo sapere dove fosse finita nostra figlia, abbiamo saputo che in un angolo del cimitero di Castello, a Lecco, vengono tumulati in una fossa comune, tutti i bimbi mai nati come Clara. L’unico luogo in cui io posso recarmi per accendere una candela o portarLe un fiore.
Di solito il pomeriggio di Natale io e mio marito ci rechiamo in quel cimitero per far visita alla nostra bimba, è una tradizione per noi, è un simbolo, come volerla rendere partecipe del nostro giorno di Natale. Quest’anno, causa pandemia e restrizioni negli spostamenti, non è possibile. Vorrei solo avere il permesso di andare al cimitero di Castello, per un ‘saluto’ a mia figlia”.
C. B.