ABBADIA LARIANA – “Raccogliamo piccole briciole di storia, per assaporare un passato che segna le nostre origini ed un presente in grado di aiutarci a costruire un futuro migliore”.

Proseguono i lavori sul sagrato della parrocchia di San Lorenzo e, nel frattempo, Don Vittorio Bianchi dona alla comunità alcune fondamentali nozioni sulla storia della chiesa e sul significato profondo di questa ristrutturazione. “Il sagrato, pur nel variare della storia, ha fondamentalmente mantenuto la sacralità del tempio, tuttavia negli ultimi decenni molta parte di questi spazi è stata trasformata in parcheggio e in luoghi di sosta e transito indifferenziato; lo sviluppo del traffico ne ha favorito la progressiva erosione a vantaggio delle sedi stradali e delle piazze. Si è registrata, dunque, una crisi del sagrato che denuncia, in modo emblematico, una crisi del sacro che attraversa la civiltà moderna: alcune forme del passato hanno perso consistenza e con grande difficoltà se ne rintracciano di nuove capaci di interpretare la mentalità e il linguaggio dell’uomo contemporaneo”.

Attraverso alcuni documenti ecclesiastici, datati 1949 e 1971, la chiesa ha tentato di difendere questo spazio, in quanto i fedeli, venendo dal quartiere per celebrare l’Eucaristia, “in primo luogo devono riprendere coscienza della loro appartenenza a una comunità di fede e questo è possibile solo in un luogo in grado di prepararci al divino silenzio dell’ambiente sacro”.

Don Vittorio Bianchi, parroco di San Lorenzo

Don Vittorio Bianchi, parroco di San Lorenzo

Anche il Concilio Vaticano II (1962-1965), indetto da Papa Giovanni XXIII con lo scopo di aggiornare la presenza della chiesa di fronte alla società e alla cultura contemporanea, promosse una riforma liturgica che, tra gli altri aspetti, ribadiva la necessità del recupero della primitiva funzione dell’atrio – sagrato. “E’ quindi importante preservare questi spazi e renderli nuovamente luoghi dell’accoglienza, dell’incontro umano e dell’orientamento a Dio”.

Nel 1996 la Commissione Episcopale per la Liturgia così decideva: “La cura del sagrato e della piazza ad esso eventualmente collegata è segno della disponibilità all’accoglienza che caratterizza la comunità cristiana in tutti i suoi gesti e quindi, a maggior ragione, in occasione delle celebrazioni liturgiche. Chi si presenta alle porte delle chiese deve sentirsi ospite gradito e atteso. Perciò, già a partire dal sagrato e dalla piazza, è necessario rendere le chiese accessibili a tutti, accoglienti, nitide e ordinate, dotate di tutto quanto rende gradevole la permanenza, così come avviene nelle nostre case”.

Il cammino per restituire al sagrato tutta la sua valenza simbolica è stato intrapreso anche ad Abbadia, ma l’impegno da parte di tutti deve essere costante. “Dobbiamo impegnarci a far rivivere questo spazio come luogo del sacro perché si concretizzi la mediazione tra l’agire dell’uomo nel mondo e i momenti forti dell’esperienza della fede. Il sagrato diventerà così il luogo dove la vita quotidiana viene introdotta nel mistero della chiesa e, al contempo, lo spazio che segna la distanza dalla nostra quotidianità e dal mondo per consentire all’uomo di entrare nella dimensione dell’eterno. Allora viviamo questo nuovo spazio e rendiamolo luogo di condivisione e di gioia, facciamolo vibrare di vita e risuonare di emozioni. Quando percorriamo questo luogo alziamo gli occhi al cielo e abbandoniamoci nelle braccia del Signore! Lui ci guiderà sempre e ci donerà forza. Buon cammino a tutti”.

C. D.