È uscito nei giorni scorsi su Il Giornale.it un articolo, firmato Rino Camilleri, dal titolo In fondo De André era un “ribelle di regime”. In esso, facendo riferimento a Il ribelle di regime. La funzione antisociale delle canzoni di De André, libro pubblicato di recente da Michele Antonelli, si mette in dubbio la forza anticonformista e antiborghese dell’opera del cantautore genovese, con argomentazioni che però, per la loro inefficacia, non dovrebbero destare eccessiva preoccupazione fra gli estimatori di Faber. Si vuole qui fare il punto sulla questione, senza cadere nell’inutile agiografia ma restituendo al cantante il rispetto intellettuale che merita.
Secondo Camilleri, fra i motivi del prestigio di cui gode Fabrizio De André, vi sarebbe la mancanza di “rivali” adatti a sostenere un confronto nel panorama musicale italiano. De André, quindi, non sarebbe tanto talentuoso di suo, quanto, in maniera limitativa, più bravo di altri. La tesi sembra molto carente, dal momento che il cantautore ha sempre ricevuto attestati di stima anche da parte di giganti della canzone internazionale, e la sua qualità spicca anche senza chiamare in causa confronti con altri colleghi. Ma l’intero ritratto dell’artista che offre l’articolo si sofferma su critiche troppo generali per essere prese sul serio e lascia l’impressione…
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