ROMA – La lunga mano della criminalità ambientale s’impone sulla Lombardia.

Secondo i dati del Rapporto Ecomafia 2019 di Legambiente presentato questa mattina a Roma, la nostra regione è al settimo posto in Italia per il numero di reati ambientali: il 5,7% delle infrazioni accertate, infatti, avviene sul territorio lombardo e si innesta principalmente nel settore del ciclo dei rifiuti e del cemento.

La Lombardia, prima regione del Nord in questa poco lusinghiera classifica, si conferma territorio cruciale nei circuiti illegali su tutti i fronti ambientali – commenta Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. In uno dei centri pulsanti dell’economia e della finanza nazionale le famiglie mafiose, dopo essersi infiltrate, hanno proseguito con una vera a propria colonizzazione d’interi settori economici, basti pensare alla movimentazione terra, senza trovare veri ostacoli nella società civile“.

Il rapporto 2019 stilato da Legambiente mette in luce una crescita del numero di reati relativi al ciclo del cemento, così come lievitano i reati relativi alle filiere agroalimentari e quelli commessi nel ciclo dei rifiuti, dati che però sottolineano anche l’ottimo funzionamento del nuovo modello di tutela penale dell’ambiente ottenuto quattro anni fa grazie alla nuova normativa. La legge n. 68 del 29 maggio 2015 ha introdotto nel nostro Codice penale il Titolo VI-bis dedicato ai delitti ambientali, con i nuovi delitti di inquinamento ambientale, disastro ambientale, impedimento del controllo e ha inasprito le pene per il reato di omessa bonifica, con una lunga serie di aggravanti, tra cui quelle sull’ecomafia o sui pubblici funzionari corrotti, oltre a misure molto drastiche come la confisca dei beni e sanzioni severe contro la responsabilità giuridica delle imprese.

Il ciclo illegale del cemento quest’anno fa notizia per la crescita esponenziale dei reati contestati. Quello dell’edilizia è storicamente un settore dove mafie e corruzione costituiscono, insieme, un pericoloso convitato, che inquina il settore degli appalti e dei cantieri. Lo testimonia l’inchiesta condotta dalla Dda di Milano a maggio scorso raccontata proprio nelle pagine del dossier presentato da Legambiente. Un’operazione che ha coinvolto novantacinque persone, tra politici, amministratori pubblici e imprenditori che la procura non ha esitato a definire “predatori come in Jurassic Park”. Secondo l’accusa, avrebbero costituito una holding dedita all’accaparramento illegale di appalti nelle province di Milano e Varese, in affari con la ‘ndrangheta locale.

Delle 266 infrazioni accertate in Lombardia per quanto riguarda il ciclo del cemento, che hanno portato a 25 sequestri di cantieri e materiali edili e 355 denunce, è Sondrio la provincia in testa alla classifica regionale, con 60 reati contestati, seguita da Brescia con 57 e Bergamo con 44.

Resta alto anche il numero di inchieste riguardanti il settore dei rifiuti, che in Lombardia vede un florido mercato dell’illecito, emerso negli ultimi anni anche attraverso i crescenti episodi di incendi di impianti di trattamento e discariche abusive.

È Brescia a guidare la classifica, con 94 infrazioni accertate, pari all’1,8% di tutta la nazionale, 91 denunce e 45 sequestri. Il bresciano, infatti, è una provincia fortemente caratterizzata dalla presenza di discariche e imprese che operano nel settore dei rifiuti, rendendo il territorio particolarmente interessante per chi fa del malaffare il proprio business. Seguono distanziate Bergamo e Pavia con 62 reati contestati.

Nel campo dei delitti contro gli animali e la fauna selvatica, è ancora una volta Brescia la provincia con il più alto numero di infrazioni accertate in Lombardia, 154 con 100 denunce e 125 sequestri. In questo trend che vede il bresciano territorio particolarmente sotto i riflettori, si inserisce il caso dell’allevamento Green Hill, il cui processo vede Legambiente costituita parte civile. È di pochi giorni fa la notizia delle condanne in appello per un veterinario e tre ex dipendenti, che ha ribaltato l’esito del primo grado di giudizio. Questa sentenza restituisce finalmente verità e coerenza rispetto a quanto accadeva ai beagle all’interno dell’allevamento di Montichiari. La difesa degli animali è insita nel nostro statuto e come Legambiente continueremo a vigilare e denunciare sia chi continua a perpetrare abusi, sia chi non esercita il suo fondamentale ruolo di controllo, affinché non si ripetano mai più casi vergognosi come quello di Green Hill commenta Barbara Meggetto.

I reati contestati presi in considerazione dal dossier riguardano il maltrattamento o l’impiego illecito di animali come corse clandestine di cavalli o combattimenti di cani, bracconaggio o pesca di frodo, allevamenti illegali e commercio di specie protette, un mercato, questo, che ancora oggi frutta 3,2 miliardi in Italia.

Il dossier di Legambiente ha analizzato le principali inchieste ecocriminali in cui la corruzione è stato lo strumento fondamentale per fare affari deturpando l’ambiente. In questo ambito la Lombardia si attesta al quarto posto con 73 inchieste giudiziarie, il 10,8% del totale, che hanno comportato 547 arresti e 129 sequestri.

Se da un lato l’aumento delle indagini su reati di tipo ambientale dimostra un’attenzione più marcata a questa tipologia di reati, dall’altro mette in luce una situazione d’emergenza: ecomafia e criminalità ambientale vanno di pari passo con i fenomeni di corruzione – sottolinea Sergio Cannavò, responsabile dell’ufficio legale di Legambiente Lombardia –. Su questo fronte in particolare le Direzioni Distrettuali Antimafia della Lombardia hanno condotto negli ultimi anni inchieste particolarmente incisive e complesse, che hanno permesso di scoprire e fermare vere e proprie organizzazioni criminali dei rifiuti.

Approfondimenti su http://noecomafia.it/