COMO – Nella serata di giovedì 17 dicembre una nuova audizione tra i sindacati, italiani e svizzeri, e il Governo italiano con all’ordine del giorno la revisione dell’Accordo sulla tassazione dei lavoratori frontalieri. Incontro da cui sono emerse alcune interessanti novità.
Il primo importante risultato conseguito è stata la definitiva conferma della clausola di salvaguardia per gli attuali frontalieri che pertanto non subiranno alcun aggravio d’imposta fino alla pensione anche in caso di cambiamento del posto di lavoro.
I nuovi frontalieri che entreranno nel mercato del lavoro svizzero dopo la ratifica dell’Accordo avranno invece un trattamento fiscale concorrenziale tra Italia e Svizzera sulla falsariga di quanto già oggi previsto per i frontalieri che non vivono in fascia di frontiera. Si è tuttavia riusciti ad ottenere la garanzia che per questi lavoratori (sia i frontalieri futuri, sia gli attuali frontalieri fuori fascia) verrà prevista un’importante no‐tax area di 10.000 euro, un notevole miglioramento rispetto all’attuale franchigia di 7.500 euro.
A breve verranno inoltre discusse ulteriori misure potenzialmente migliorative. È stata inoltre richiesta una seconda clausola di salvaguardia per i frontalieri che hanno perso il lavoro nel 2019 o nel 2020 i quali ‐ se confermata ‐ potranno rientrare nel mercato del lavoro svizzero con il vecchio regime fiscale.
“Siamo soddisfatti per l’intesa raggiunta con il Governo ‐ il commento di Mirko Dolzadelli, responsabile nazionale Cisl Frontalieri e di Andrea Puglia, responsabile Frontalieri per l’Ocst, l’Organizzazione cristiano sociale ticinese ‐. Si tratta di risultati molto importanti, frutto di un lavoro durato anni. Ricordiamo che la prima versione dell’Accordo fiscale negoziato dai Governi nazionali di Italia e Svizzera nel 2015 avrebbe previsto la tassazione piena dei redditi da lavoro secondo le aliquote italiane per tutti i frontalieri (presenti e futuri) con il solo riconoscimento della franchigia di 7.500 euro”.
“Essenziale è aver superato l’Accordo parafato nel 2015 ‐ aggiunge Dolzadelli ‐ che non era stato condiviso con le organizzazioni sindacali e con le associazioni dei Comuni. Riteniamo di estrema importanza che questo risultato sia stato il frutto di un confronto costruttivo tra le parti e che siano state accolte le nostre proposte al fine della costruzione dell’impianto generale. Fondamentale è anche il fatto che l’Accordo non modifica l’attuale condizione dei lavoratori frontalieri, non si ripercuote sui salari e sostanzialmente non va a intaccare il loro potere d’acquisto in una fase di notevole drammaticità dal punto di vista della tenuta occupazionale. Sarà poi fondamentale, dopo la ratifica dell’Accordo stesso, costruire un nuovo impianto generale di tutela del lavoro frontaliero”.
Soddisfazione dunque, ma la partita non si è ancora conclusa. “Restano da definire ‐ conclude Puglia ‐ gli ultimi dettagli che potranno migliorare ulteriormente le condizioni descritte nell’Accordo. Nelle prossime ore proseguiranno pertanto i contatti con il Governo italiano. I tempi per l’entrata in vigore del nuovo accordo restano quelli già comunicati in precedenza: si ipotizza che la firma ufficiale dei Governi possa avvenire entro fine anno (o al massimo a gennaio del 2021) con entrata in vigore effettiva dal 1° gennaio 2023”.