«Certo dovremo ancora per lungo tempo confrontarci con la criminalità organizzata di stampo mafioso. Per lungo tempo, non per l’eternità: perché la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine». (Giovanni Falcone)
Quando parliamo di lotta alla mafia uno dei nostri primi pensieri va a un uomo che riuscì a dare un volto a questo male, a perseguirlo, modificando drasticamente il modo di affrontare questo problema. La criminalità organizzata in quegli anni esercitava il proprio potere soprattutto sul meridione attraverso lo spaccio di droga, il racket, il controllo degli appalti e dell’edilizia civile in moltissimi comuni dalla Campania alla Sicilia, passando per la Calabria, pur essendo costantemente presente, magari in maniera meno evidente, in tutta la penisola. La maggior parte delle volte diramava le proprie radici per via indiretta, attraverso i partiti al governo delle realtà locali.
Collusione tra stato e mafia, lotta alla mafia, strage di stato, queste sono le parole chiave di quegli anni. Sicuramente non tutti gli organi politici erano colpevoli di avere un rapporto diretto con la criminalità organizzata, ma una parte sempre più ampia le garantì coperture, tutele, appalti, garanzia di opportunità e tanto altro. Tutto questo si fondava su solidi accordi di scambio: il partito, o più precisamente il politico di turno, si impegnava a tutelare e a favorire gli interessi della mafia, in cambio di cospicui voti che gli avrebbero poi garantito la vittoria alle elezioni.
Palesemente questo accordo non avrebbe potuto reggere a lungo. Già alla fine degli anni sessanta la mafia, che piano piano aveva guadagnato sempre più potere anche grazie al contributo politico e allo spaccio di droga, avanzò richieste sempre più pesanti e a mancata risposta, o a risposta negativa, solcava la scena pubblica con omicidi o attentati terroristici. Nei primi anni ottanta poi, la mafia non era solamente in lotta contro lo stato, ma si trovava in una situazione di guerra contro se stessa, infatti la Palermo di quegli anni vide accendersi una faida tra i vari clan sul monopolio di Cosa Nostra. Solo nel capoluogo siciliano si contavano circa un centinaio di omicidi all’anno, sia tra esponenti mafiosi che tra organi politici ed istituzionali. Il governo italiano si dimostrò incapace di risolvere, o quantomeno arginare, il problema mafioso.
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