MANDELLO DEL LARIO – Una missione “atomica” quella portata avanti dai lecchesi Michele Mandelli e Claudio Cendali, che hanno aperto una nuova via al Sasso dei Carbonari sulla Grigna Meridionale, dedicandola all’amicizia con il Butch.
Di seguito la lettera che Renato Frigerio ha dedicato alla loro tenace avventura:
“Bravi, anzi doppiamente bravi, è la minima espressione dell’apprezzamento che si può rivolgere ai due giovani lecchesi che lo scorso 15 agosto hanno aperto una nuova via classica al Sasso dei Carbonari, sulla Grigna Settentrionale.
Bravi, una prima volta, per come in 13 ore è stata portata a termine l’impegnativa arrampicata sulla parete Sudovest dell’imponente monolite, che si è sviluppata per 680 metri, di cui 380 sulla parte bassa del primo pilastro, per 90 metri su canale e per 210 metri sulla parte alta del secondo pilastro. Sono stati effettuati complessivamente 16 tiri, su difficoltà di VI+, con tratti in AO, A1, A2, con 14 soste attrezzate, lasciando in parete 30 chiodi. L’idea per questa arrampicata era partita da Michele Mandelli, una volta che si era trovato a ripetere la via Danilo Mason (difficoltà V+ e A2), che era stata aperta nel 1980 dai Gamma, Mario Valsecchi e Luca Borghetti: una via di arrampicata mista, ma prevalentemente libera.
Bravi ancora, per aver scelto, tra tante altre alternative, di ritornare su una montagna lecchese che ne valorizza il territorio per la sua notevole importanza sotto l’aspetto alpinistico, che già a partire dagli anni ’30 è stata teatro dei nomi più prestigiosi dell’alpinismo nostrano, citando Riccardo Cassin, Mario “Boga” Dell’Oro, Gigi Vitali.
Ma vorremmo dire bravi una terza volta, perché i due alpinisti che frequentano il gruppo Gamma, Michele Mandelli di Ballabio e Claudio Cendali di Lecco, quartiere Germanedo, questa via l’hanno realizzata portando nel cuore un preciso riferimento ideale, Marco Anghileri, al quale l’hanno poi dedicata attraverso il nome che le hanno dato, “Via Atomica”, che era appunto il termine con cui il “Butch” indicava ogni cosa che era riuscito a portare a buon fine in modo bello e soddisfacente.
Del resto è questa una decisione che non dovrebbe sorprendere sapendo che loro stessi, come pure Pietro Bonaiti Pedroni, di Lecco quartiere Castello, con cui insieme avevano affrontato il 4 agosto un primo tentativo, poi interrotto a causa dell’intensità della pioggia, a Marco Anghileri si erano ispirati fin dai primi anni in cui si erano avvicinati all’alpinismo. A loro Marco ha trasmesso, con l’esempio e con l’entusiasmo della sua ardente passione, il senso e il valore dell’alpinismo: una lezione che è risultata determinante per la loro formazione e che continua a trasmettere tanti positivi impulsi con un ricordo che rimane sempre vivo”.