LARIO – “È ormai chiaro che è stato superato il limite delle disponibilità idriche. È necessario cambiare agricoltura: introdurre rotazioni e avvicendamenti del mais con colture che esigono meno acqua, usare sistemi di irrigazione più efficienti, ridurre il carico zootecnico. Il cambiamento climatico non è un’opinione, ma una realtà con cui anche la forte agricoltura specializzata lombarda deve fare i conti”. Interviene così Legambiente Lombardia in merito all’allarme siccità che coinvolge alcuni bacini lacustri della regione.
L’estate 2018 vede infatti un lago di Como svuotato per far fronte ai fabbisogni irrigui della Pianura Padana. Il paesaggio delle sponde lacustri non è diverso da quello delle annate peggiori, come nel 2015: il pelo dell’acqua è quasi 30 cm sotto lo zero idrometrico, molto vicino al minimo storico per questo periodo, affiorano spiagge e distesi di ciottoli dove di solito c’è solo acqua, le riserve idriche lacustri sono al lumicino. A secco anche il lago d’Idro, da sempre al centro delle ‘guerre dell’acqua’ tra agricoltori che la reclamano per la bassa Bresciana e Mantovana e gestori delle grandi dighe nel bacino montano del Chiese. Se non arrivano le piogge, presto sarà crisi anche per il Sebino, che può contare ancora su un misero 15% di scorte idriche prima di raschiare il fondo.
“Eppure i dati dei pluviometri raccontano un’altra storia: quella del 2018 è stata finora, dal punto di vista delle precipitazioni, un’annata assolutamente normale – spiega Damiano Di Simine, responsabile scientifico dell’associazione ambientalista -. Gli apporti di acqua al lago di Como sono stati, dall’inizio dell’anno, perfettamente allineati alla media degli ultimi 70 anni, come chiunque può verificare consultando il sito laghi.net, e perfino il mese di agosto nel bacino montano dell’Adda si è rivelato finora piovoso”.
Il caldo poi in questi giorni sta favorendo la fusione di quello che resta dei ghiacciai, regalando un bonus idrico di acqua ‘fossile’ accumulata come ghiaccio nei secoli scorsi. Un bonus che tra pochi anni, a causa del cambiamento climatico, non ci sarà più, ma che per ora allevia la sete dei campi. Anche i bacini idroelettrici sono ben riforniti, le dighe montane del bacino dell’Adda hanno in serbo una scorta di qualcosa come 300 milioni di metri cubi di acqua, un dato allineato alla media.
Nessuna siccità dunque: lo stato pietoso in cui versano i laghi prealpini e, in particolare, il Lario e il lago d’Idro si spiega col fatto che questi bacini hanno livelli regolati da dighe sugli emissari, in funzione dei bisogni irrigui della pianura. In agosto la campagna ha sete perché giunge a maturazione la coltura più esigente di tutte, il mais, coltivato su quasi 300.000 ettari di superfici nella sola Lombardia: un terzo della superficie agricola regionale, che chiede tanta acqua soprattutto nei mesi più caldi, luglio e agosto.
Quindi, per una volta almeno, il meteo è scagionato: quest’anno Giove Pluvio è stato generoso sulle montagne lombarde. “Ma non abbastanza per un’agricoltura che ha investito troppe superfici alla monocoltura del mais, per far fronte all’enorme fabbisogno di mangimi per gli allevamenti della nostra regione, che non ha pari in Italia – sottolinea Di Simine -. Un’agricoltura che evidentemente non fa i conti con i limiti sempre più stringenti imposti anche dal cambiamento climatico: più caldo in estate e sempre meno acque di fusione di nevai e ghiacciai”.