Dal pensiero di Marie Noelle Urech apprendiamo che: “Una volta, il punto di aggregazione sociale in Grecia era l’Agorà, la piazza principale della città, luogo delle assemblee cittadine, centro politico ed economico,luogo del mercato, vi si affacciavano edifici pubblici e teatri. L’agorà fu un’invenzione urbanistica senza precedenti, diventando il cuore pulsante di ogni attività umana, dove si creavano e si mantenevano numerose relazioni interpersonali.
Passeggiando per le piazze di alcune città medie d’Italia, si trova oggi uno scenario ben diverso. Durante il resto della settimana le piazze sono spopolate. Esse vivono attraverso alcuni bar che ospitano i turisti per caso, qualche abitué che affoga le sue frustrazioni nel grappino oppure i lavoratori in pausa caffè. Oggi le nostre piazze sono più piene di automobili che di persone. le persone comunque non le vivono più e le attraversano frettolosamente.
Oggi, il fenomeno “agorà” si è spostato alla periferia, insediandosi nei centri commerciali, rivelandosi inconcludente per quanto riguarda la socializzazione vera e propria e la vita della comunità. Per incontrare qualche conoscente che non si vede più da tempo, basta andare a fare la spesa in quei luoghi infernali, a mezzogiorno di un giorno festivo. Infernali perché oggi sono questi supermercati associati a essere il luogo di incontri brevi e fugaci, più superficiali che nutrienti. Lì si trovano i ragazzi seduti in mezzo ad una folla di consumatori ipnotizzati dalla spesa.
Lì s’incontrano gli innamorati seduti in tristi grill e paninoteche, assorti ognuno nel suo telefonino, a scambiare foto e messaggini, a farsi autoscatti selfie (che rima con selfish).Non possono essere agorà questi squallidi luoghi di cemento armato, con parcheggi per migliaia di macchine. Non possono essere agorà, questi luoghi dell’assenza, volti soltanto al consumismo. Dalla mancanza di un luogo fisico e simbolico nel ”cuore della città”, deriva una politica sempre più estranea all’uomo e al bene comune. Forse è per questo, che numerose persone diventano agorafobe.Diventa urgente ricreare il tessuto umano delle nostre piazze, invitandoci musicisti, artisti, artigiani, bambini, donne e, perché no, instaurando vari “speaker corner” per pronunciare discorsi pubblici, come succede a Hyde Park a Londra.
Attraverso la penna di Barbara Ciucarilli tentiamo di analizzare il tema da uno dei possibili punti di vista: “Ieri mi è capitato di ascoltare i discorsi di una cassiera mentre ero in fila al supermercato. Una donna che doveva conciliare la famiglia (due figli e un marito) con i turni di lavoro che le assegnano. “passi per tutti i sabati e le domeniche che sto qui senza vedere i miei figli, passi il fatto che io e mio marito ci alterniamo con i turni e ci incontriamo solo a letto, ma che mi chiedano anche di rinunciare alle poche festività che abbiamo per venire a lavorare, mi sembra troppo” ”.
“Quelle festività – continua Barbara – alle quali la signora dovrebbe rinunciare sono quelle in cui lei e uno stuolo di persone come lei lavorano per dare a noi privilegiati un momento di svago dalla noia mortale che ci avvolge. Tranne qualche acquisto importante (come può essere un farmaco salvavita o un pacco di riso se non abbiamo nulla da mangiare), il nostro maleducato vizio di frequentare i centri commerciali o gli ipermercati per sport o per distrarci dal tedio domenicale ha delle conseguenze sul prossimo. Da notare poi, come ci racconta Giovanni Cappellotto (esperto di ecommerce): “con il crescere di centri commerciali, il commercio di vicinanza, di prossimità sta sempre più scomparendo. Tale sparizione sarebbe giustificata se l’economia di questi colossi della vendita fosse più che fiorente ma – come sottolinea la Confederazione italiana agricoltori, riprendendo i dati Istat diffusi lo scorso 24 ottobre – l’aumento dell’Iva scattato recentemente, si è inserito in un contesto in cui gli italiani sono costretti a fare i conti con il crollo del potere d’acquisto (-1,7 per cento nei primi sei mesi del 2013) e con la disoccupazione a livelli da record. I consumi, neanche a dirlo, con uno scenario del genere si sono attestati su numeri di trent’anni fa.
Dall’inizio della crisi, ci ricordano gran parte degli studi economici, le famiglie hanno dovuto ridurre il budget a disposizione per la spesa alimentare di oltre 12 miliardi di euro, al netto della dinamica dei prezzi. Alla luce di questo scenario desolante, in molti si chiedono se non sia giusto riconsiderare il tipo di economia di commercio, fatto di fast food e grandi ipermercati e sempre di meno di alimentari sotto casa e baristi che ti danno del tu. Ci si potrebbe almeno pensare.
Non credete dunque a coloro, poi, che raccontano le menzogne sull’aumento dell’ occupazione, oppure che ci accusano di “sparare a zero, senza sapere quello che diciamo e senza fonti”, solo per dare dei “ pirla “ a caso. Il nostro testo prosegue ora con alcune notizie che mostreranno la vera situazione di lavoro in questi “ fantastici” nuovi luoghi di occupazione e commercio. La paga oraria di chi vi riempie gli scaffali di notte è di 5,16 euro lordi all’ora, sono asiatici, filippini e anche italiani. Ci sono 3 tipologie di lavoratori che operano in questi supermercati : gli assunti (10 euro lordi all’ora), gli interinali (8 euro lordi all’ora) ed infine quelli delle cooperative (dai 5 ai 7 euro lordi all’ ora). Gianni Lanzi, della Filcams Cgil, contesta in radice dell’orario e denuncia «la disumanizzazione del lavoro» quando due che fanno la stessa identica cosa prendono uno la metà dell’altro. Di seguito un altro esempio delle inesattezze che gli amministratori raccontano alla cittadinanza. Protagoniste della vicenda sono due donne cinquantenni, madri di famiglia (entrambe con due figli a testa), assunte con contratto a tempo indeterminato e orario part-time di 24 ore alla settimana. La liberalizzazione delle aperture introdotta nel 2011 dal decreto Monti ha costretto le donne a dover fare i conti con un calendario privo di domeniche libere: con il Salva Italia si sono ritrovate a dover convivere con domeniche consecutive di lavoro per ben quattro anni.
La richiesta di qualche domenica di riposo – almeno una ogni due – ha trovato un muro di fronte all’azienda che, è arrivata a decidere il licenziamento di entrambe. Assistite dagli avvocati Ferrara, De Salvo e Finocchiaro, le due hanno impugnato il licenziamento. Il giudice del lavoro Maurizio Pascali ha quindi accolto il ricorso, ritenendo illegittima la variazione unilaterale (decisa solo dall’azienda e non dalle lavoratrici) dell’orario di lavoro. In virtù dell’articolo 18, le due lavoratrici sono state reintegrate e “Piazza Italia” ha dovuto anche pagare un’indennità risarcitoria pari all’ultima retribuzione dal giorno della cessazione del lavoro a quello dell’effettivo rientro in servizio.
Per concludere: Per l’etnologo francese Marc Augé, i grandi centri sono dei “non-luoghi” ossia degli spazi prodotti dalla società capitalistica iper-moderna che non hanno identità, né relazioni, né storia, dove moltitudini di individui si incrociano senza entrare in relazione, spinti solo dal desiderio di consumare o di accelerare le proprie attività quotidiane Invece secondo una nuova filosofia politica che verrà studiata nei migliori atenei universitari europei, la quale ha come genesi il segretario della lista civica Paese di tutti. “Le difficoltà con cui deve confrontarsi il commercio locale sono ben altre come ad esempio la vicinanza di strutture commerciali di grosse dimensioni a soli 10 Km di distanza e la corrispondente tendenza dei residenti tra Varenna ed Abbadia a farne uso”.
Utilizzando ora la dialettica hegheliana giungiamo alla seguente considerazione: “consapevoli del fatto che il commercio locale è in difficoltà per strutture commerciali a 10 km, inseriamo una struttura commerciale di grandi dimensioni a Km0, un omicidio commerciale perfetto”.
Flavio Angeli
Maurizio Scola
Giuseppe Iovino