Ma sì, chi glielo fa fare soprattutto a chi è giovane, in carriera, con altro da pensare, di andare a rischiare tempo faccia soldi e professione? Chi o cosa muove la voglia di fare politica e amministrazione, negli anni dell’antipolitica e delle scelte autolesioniste che hanno svilito nel tempo i ruoli dei sindaci e di chi prova a governare – nel senso più alto – gli enti pubblici?
Non ti pagano o ti danno pochissimo; i tuoi Comuni e comunelli, la provincia e in generale gli enti non ricevono più soldi da uno Stato centrale cannibale; le responsabilità sono pesantissime e la gente ti guarda pure male… Poco da stupirsi allora se sempre meno persone si gettano nela mischia delle elezioni, partecipando a liste e movimenti. E dunque se si fa una fatica epica a riempire di nominativi gli elenchi da consegnare in vista del voto – quest’anno il 26 maggio, unito a quello per le Europee.
Ecco, fa ancora più colpo assistere alle faraoniche campagne elettorali di chi sogna di arrivare a uno scranno a Bruxelles e Strasburgo, con la prospettiva di guadagnare decine di migliaia di euro al mese per un lavoro “lontano” e poco visibile, mentre qua nei paesini ma anche nelle piccole città se provi ad occuparti del bene comune sei sotto i fari dei media, delle authority e soprattutto di un’opinione pubblica inferocita e spesso demagogicamente ipercritica, all’insegna dell’antipolitica e del populismo più insulso.
Meno candidati disponibili, allora.
E zero voglia di andare a rischiare.
Ecco quindi tante realtà in cui l’unica prospettiva è quella di avere una sola lista in “gara” alle comunali se non addirittura nessuna (vedi il caso di Esino Lario già qualche anno fa). E a volte, sempre più spesso, un gruppo unico corrisponde al singolo “listone“, vale a dire la convergenza di liste magari contrapposte fino a ieri, che per necessità accettano di accorparsi pur di riuscire a esprimere la candidatura di un sindaco e di quei pochi altri disposti a proporsi come consiglieri. Abbadia Lariana per certo, Malgrate e altri i casi più recenti.
Un segno della sconfitta della politica, che poi è un riflesso della nostra stessa società dunque una sconfitta di tutti. Di converso il trionfo, volendo dettagliare la cosa, dell’individualismo crescente, dell’ignoranza e dello stress generale, della crisi economica che fa guardare con sospetto qualunque ruolo e incarico per il quale si ritiene, magari erroneamente, che “girino soldi”. Vero, la Casta di cui parlarono Rizzo e Stella e che ha infarcito i programmi elettorali di movimenti che ora si rimangiano puntualmente tutto il loro essere “anti-casta”, quella cupola della politica esisteva, c’è sempre stata e in parte continua ad approfittarsi delle pieghe delle leggi e delle prassi nostrane. Ma provate a parlare di prebende e raccomandazioni, di mazzette e clientele alla maggior parte dei nostri mini sindaci: molti di loro, legittimamente, vi manderanno a quel paese. E la prospettiva, tra listoni, populismo e antipolitica, è quella dei commissariamenti, dell’estinzione totale della razza degli amministratori e in definitiva dello ‘sgovernare’. Affidandosi magari al primo che urla più degli altri e che su Facebook le spara più grosse.
Chi scrive non ha alcuna nostalgia della cosiddetta Prima repubblica. Ma trova lo stato attuale delle cose infinitamente peggiore di allora. Prima dell’avvento dei listoni e della demagogia, c’era chi sapeva tenere in piedi in qualche modo la baracca. La quale baracca adesso sta invece miseramente crollando, antipolitica compresa.
LN