“Quel film mi era piaciuto un sacco. L’avevo visto e rivisto più volte, senza mai stancarmi…”

“Come mai?”

“Non lo so…forse perché ero piccolo e impressionabile…”

“Piccolo? Lei avrà avuto più di 25 anni, se non erro”

“Ha ragione, ma essendo l’ultimo di 5 figli, sono sempre stato quello piccolo…”

“Continui”

“Stavo dicendo del film. Mi aveva colpito davvero tanto. In fondo, ne ero rimasto più che impressionato. Sconvolto”

“Qual era il titolo?”

“Scacchi bianchi e neri. Un film inglese degli anni 50, ancora in bianco e nero”

“Cosa l’aveva colpita?”

“Soprattutto una scena, che da quel momento non ho più dimenticato”

“Cioè?”

“Il protagonista, una sorta di Indiana Jones, era alle prese con una casa piena di trabocchetti. Doveva salvare un paio di ragazze prima che affogassero. Un

marchingegno a tempo scandiva i secondi prima della fine. Per bloccare la trappola mortale, avrebbe dovuto attraversare una stanza col pavimento a scacchiera. Quadrati regolari bianchi e neri. C’era una combinazione, evidentemente, per mettere i piedi sui quadrati sicuri. Uno di questi si sarebbe spalancato su di un abisso senza fine”

“Arrivando all’inferno?”

“Può darsi. Il protagonista aveva quindi dovuto darsi da fare, non avendo la combinazione, sondando uno alla volta i quadrati. Il guaio stava nel fatto che la trappola era calibrata per funzionare solo col peso di una persona”

“Quindi?”

“Quindi, ad un certo punto, il protagonista, di cui non ricordo il nome, pensando di mettere un piede su di una zona sicura, era invece precipitato, inghiottito in un buco dal quale si erano levate fiamme ed urla strazianti”

“Era morto così?”

“Sì. Il film era finito in quel modo. Male”

“Strano. Generalmente, quel tipo di pellicola ha sempre un lieto fine”

“Già, ma non questo”

“E da quel momento…?”

“Da quel momento, il mio pensiero è rimasto fisso su quella scena. Non sono più riuscito a separarmene”

“In modo ossessivo”

“Esatto. Rivedevo in continuazione quell’uomo che precipitava, con gli occhi spalancati e terrorizzati”

“Ha avuto inizio in quel momento la sua fobia?”

“Pochi giorni dopo. Combinazione, il pavimento del salotto di casa mia era composto da piastrelloni quadrati bianchi e neri”

“E lei ha associato subito…”

“Già. Il pensiero stava sempre là. Sotto un piastrellone nero, stava l’inferno. Ne ero sicuro, convinto”

“Allora, ha cominciato a rifiutarsi di attraversarlo”

“Proprio. Ne ero terrorizzato. Un piede in fallo e sarei precipitato”

“Lei in quel momento viveva coi suoi…”

“Sì. Oltre i miei genitori, anche due miei fratelli…”

“E gli altri tre di fratelli?”

“Già sposati e lontani”

“Ho capito. Continui pure”

“Era indispensabile attraversare il salotto per uscire di casa, quindi può capire la mia situazione…”

“Cioè?”

“Mi trovavo prigioniero in casa. Non potevo più uscire per andare al lavoro o per altre faccende”

“I suoi parenti come la presero?”

“Cercarono di convincermi in ogni modo. Addirittura, stesero delle assi sul pavimento, ma io avevo paura lo stesso. Ero consapevole che la mia era una paura irrazionale, ma non potevo farci niente. Non avevo la forza e la determinazione per affrontarla e superarla”

“Quanto durò questa situazione?”

“Qualche settimana, finchè i miei ebbero l’idea di far venire un nostro vicino grassissimo, che prese a saltare su ogni piastrellone, facendo tremare tutta la casa”

“Non precipitò”

“Certo che no. E la dimostrazione aveva avuto un certo effetto su di me. Da quel giorno, avevo ripreso a camminare su quel pavimento, stupito che non succedesse nulla”

“Era giusto così”

“Proprio. Anzi no. La mia mente, a quel punto, aveva preso ad elaborare un altro pensiero: perché una piastrella non cede e non trascina all’inferno chi ci sta sopra?”

“Come se lo spiegava?”

“È difficile dipanare i pensieri che mi avevano assalito… diciamo che non lo trovavo giusto. La realtà doveva combaciare con la scena del film. Quello sì che era giusto”

“Ci pensò sopra a lungo…”

“Qualche settimana, fingendo che tutto andasse bene, per non insospettire i miei…ufficialmente, la mia crisi era superata”

“Invece?”

“Invece, la mia mente andava a cento all’ora. L’ossessione non era passata, anzi, mi aveva preso alla gola. Non mi mollava più”

“Quindi?”

“Un giorno che i miei erano usciti, ho cominciato a scavare. Ho levato con cura un piastrellone nero e con martello e scalpello ho preso a levare via il cemento, arrivando alla terra”

“Nessuno s’è accorto?”

“No. Il materiale tolto l’ho subito sostituito con una griglia presa da un tombino. Si adattava perfettamente, sorreggendo senza problemi il peso di una persona senza traballare”

“E ha continuato a scavare…”

“Per giorni interi, quando ne avevo l’occasione, quando rimanevo solo in casa”

“Senza mai destare sospetti”

“No. In fondo, essere muratore mi ha aiutato notevolmente. Sapevo come lavorare bene, senza lasciare tracce”

“Neppure qualche suo vicino s’è mai insospettito…”

“Che io sappia no”

“Poi cos’è accaduto?”

“Passando i mesi, il buco si faceva sempre più profondo. Mi ero ingegnato per riuscire ad estrarre il materiale da quote sempre più basse, ed a volte mi calavo a testa in giù legato ad un mobile per risolvere qualche punto difficile”

“Il materiale dove lo gettava?”

“In giardino. Non era difficile spargerlo sotto le piante e ricoprirlo di foglie”

“Poi cos’è accaduto?”

“Quando ho reputato che il buco fosse abbastanza profondo, ormai una ventina di metri, a occhio e croce, ho tolto la griglia di sicurezza ed ho posizionato il piastrellone nero”

“Era consapevole di quello che faceva? Sapeva di aver messo in piedi una trappola mortale?”

“Sì. Ero perfettamente consapevole, ma mi sembrava giusto così. La realtà doveva piegarsi al copione del film, doveva combaciare”

“Chi fu il primo a finirci dentro?”

“Mio fratello, poi mia madre”

“Lei assistette alla scena?”

“Sì”

“Cosa provò?”

“È difficile da spiegare. Certamente, rimorso per quello che avevo causato, ma un rimorso attutito, lontano…”

“Non le spiaceva che due suoi famigliari fossero morti e fosse stato lei la causa?”

“In fondo no. Era giusto”

“Pensa siano precipitati fino all’inferno?”

“Non credo. Questo mi spiace. Avrei voluto tanto vedere le fiamme e sentire le urla, ma non ci fu nulla di tutto ciò”

“Il terzo a cadere chi fu?”

“L’altro mio fratello. Ma a quel punto, mio padre si accorse che qualcosa non andava, e dopo breve ispezione, scoprì il buco che avevo fatto. La prese male, molto male”

“La denunciò?”

“Sì. Mi fece incarcerare, senza neppure starmi a sentire. Avevo avuto le mie buone ragioni, dovevo solo essere capito”

“Beh, ora le sue ragioni sono nero su bianco, scusi l’abbinamento…le generazioni future stabiliranno come mai lei ha agito così. Forse. Non mi resta che congedarmi con un addio. La sua esecuzione è prevista per domani all’alba”

Emanuele Tavola