MILANO – La giornata del Primo maggio è stata l’apoteosi della frattura del nostro paese. Un giorno come quello che onora i lavoratori e le loro difficoltà dovrebbe far riflettere, in base a quanto visto dagli ultimi dati sulla disoccupazione, dovrebbe essere un giorno che unisce le persone, rendendole solidali tra loro. Invece mai come ieri l’Italia era fratturata. Divisa. Spacc(i)ata.
A dispetto del sempre fascinoso ma ormai consunto concertone di Roma, a Taranto c’erano duecentomila persone per un Primo maggio diverso. Un Primo maggio dove davvero si sentiva l’acre odore della difficoltà, del ricatto e della disoccupazione, derivante soprattutto dall’aria pesante e invadente dell’Ilva. Mentre a Taranto e a Roma si parlava di Diritti, di Musica, di Speranza e di Lavoro, a Milano inauguravano l’Expo. Anzi, #Expo. Milioni di visitatori. Senso di rinascita e di rivalsa. Mentre a Taranto hanno costruito un’alternativa netta a Piazza San Giovanni, a Milano hanno distrutto tutto ciò che Expo stava provando a costruire. Un paese crepato, dove ormai da anni va sedimentandosi un senso di divisione.
Mentre alcuni cortei pacifici – perché c’erano anche quelli – manifestavano il loro pensiero – legittimo – diametralmente opposto ad Expo e alle sue logiche, uomini (tra)vestiti di nero seminavano il panico intrufolandosi, con la consueta pervasività, tra i manifestanti. Con la solita imprevedibilità – che solo per il fatto di essere solita non è più imprevedibile – emergono questi esponenti del blocco nero che devastano, incendiano, e distruggono tutto. Già, il blocco nero. Anzi: i black bloc.
Sentendoli nominare a qualche fanatico della storia giungono reminiscenze improvvise. Ma non li avevamo già sentiti nominare altre volte? Si, alcune volte perché coinvolti in scontri e devastazioni in Europa, altre volte perché hanno fatto parlare di sé anche in Italia, dapprima al G8 a Genova nel 2001 e poi a Roma dieci anni dopo.