LECCO – Le emozioni che il bambino prova e manifesta sin dalla sua nascita non hanno solo lo scopo di esprimere un vissuto interiore, bensì assumono ulteriore significato nella relazione con i genitori. Il gioco emozionale tra bambino e caregiver ha la funzione di regolare le interazioni affettive tra i due, tanto che viene appreso precocemente, ancora prima della prensione degli oggetti. Harris, proprio per questo motivo, considera le emozioni dei “mediatori sociali” oltre che cognitivi: si tratta di un gioco interattivo, definito scaffolding, in cui i genitori rispondono in modo appropriato ai segnali del piccolo, attribuendo loro un’intenzionalità emotiva e orientando gradualmente le successive manifestazioni espresse. Tramite la socializzazione delle emozioni, il bambino apprende dagli adulti del suo ambiente quali sono le condotte emotive appropriate ai diversi contesti della sua cultura di appartenenza. In accordo con le idee del costruzionismo sociale, il cui esponente di spicco è Rom Harré, il bambino impara quali sono i modi più consoni per manifestare gli affetti e per far fronte agli stimoli emotigeni: egli può e deve modificare l’espressione emotiva per renderla conforme alle richieste sociali.
In questa cornice si colloca la Teoria dell’attaccamento, elaborata da John Bowlby e successivamente da Mary Ainsworth. Fornisce innanzitutto, ponendosi in contrasto con le teorie comportamentiste e psicoanalitiche dell’epoca, una dimensione interpretativa dei fenomeni di sviluppo basata sulla relazione e non centrata esclusivamente sul singolo e sui suoi vissuti interni. Bowlby, di formazione etologica, teorizza l’attaccamento come una predisposizione biologica del piccolo verso la persona che gli assicura la sopravvivenza prendendosi cura di lui. Si tratta quindi di una motivazione intrinseca e primaria. Nel bambino piccolo l’attaccamento si struttura a partire dalla convergenza tra alcuni comportamenti che egli mette in atto (schemi biologicamente programmati, come sorriso e pianto) e le risposte dell’adulto che interviene. È, in breve, una goal directed partnership, finalizzata al raggiungimento della sopravvivenza, un sistema di controllo che ha lo scopo di mantenere un equilibrio omeostatico tra vicinanza ai genitori ed esplorazione dell’ambiente circostante. Secondo l’autore, il tipo di relazione affettiva che i genitori stabiliscono con i figli in questo modo avrà ripercussioni non solo su come si organizza il legame, ma anche sull’adattamento futuro.
Infatti Ainsworth e colleghi, in base ad alcuni indicatori significativi emersi dal metodo della Strange Situation (che si basa sull’osservazione e la codifica del comportamento del bambino, in una situazione sperimentale che prevede la presenza, l’allontanamento e il ritorno sia del genitore che di una figura estranea) distinguono quattro fondamentali tipo di adattamento:
- Pattern A: attaccamento evitante. Caratterizza i bambini che durante il primo anno di vita hanno sperimentato un rapporto con una figura di attaccamento insensibile ai loro segnali e rifiutante sul piano del contatto fisico. Stabiliscono un legame che, per le modalità di risposta alla separazione e alla riunione con il genitore, viene detto evitante. Non sembrano avere fiducia in un’adeguata risposta e mostrano sia distacco che evitamento della vicinanza e del contatto.
- Pattern B: attaccamento sicuro. Caratterizza i bambini che hanno avuto genitori sensibili ai segnali di sconforto e disagio. Sono capaci di equilibrare il comportamento esplorativo con quello di attaccamento. Confidando nella responsività del genitore durante le situazioni di stress e di paura, mantengono una sicurezza interna positiva e stabile.
- Pattern C: attaccamento insicuro ansioso ambivalente. Questi bambini, durante i primi mesi di vita, hanno avuto un caregiver imprevedibile nelle risposte, affettuoso su bisogno proprio e rifiutante su sollecitazione del figlio. Sono incerti circa la disponibilità del genitore a fornire aiuto e protezione, tanto che non riescono ad utilizzarne la figura di attaccamento come base sicura da cui partire per esplorare l’ambiente. Durante la separazione esprimono evidenti segni di stress e angoscia, che non vengono placati facilmente dal suo ritorno, rispetto al quale manifestano una chiara ambivalenza.
- Pattern D: attaccamento insicuro disorganizzato. I bambini che lo presentano sono incapaci di comportamenti coerenti verso la figura di attaccamento, mescolando avvicinamento ed evitamento. Le risposte dei piccoli sono caratterizzate da movimenti e azioni contraddittori, indicativi di intenzioni incoerenti e contrastanti: manifestazioni sequenziali o addirittura contemporanee di modelli di comportamento contraddittori, oppure incompleti o stereotipati. Questo tipo di attaccamento è spesso associato ad esperienze traumatiche nell’infanzia, ed è considerato come precursore di seri problemi comportamentali che possono avere evoluzioni psicopatologiche.
La Teoria dell’attaccamento non si ferma qui. Come già anticipato, ipotizza la continuità dell’attaccamento oltre il periodo della sua formazione, grazie alla costruzione di modelli mentali complessi. Queste rappresentazioni costituiscono modelli operativi interni, che hanno la funzione di indirizzare l’individuo nell’interpretazione delle informazioni che provengono dal mondo esterno e di guidare il suo comportamento in situazioni nuove. Derivano dalla memoria episodica e dalla memoria semantica delle immagini che il soggetto ha costruito riguardo a sé stesso e ai suoi genitori. Sebbene vengano rivisitati alla luce delle nuove esperienze, si pensa che questi modelli abbiano un’influenza fortissima sullo sviluppo successivo, per tutta la durata della vita. Essi vengono interiorizzati e riproposti nelle relazioni affettive successive, incluse quelle con il partner.
Il contributo di Bowly può avere implicazioni in diversi ambiti, non solo quelli della psicologia dello sviluppo, ma anche relativamente al mondo dell’adulto, nell’ottica della promozione del benessere e del sostegno alla genitorialità.
Alberto Zicchiero, psicologo
Iscrizione Opl n. 17337
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