LECCO – Risale solo a ieri, il lunedì di Pasquetta, il ritardo dei soccorsi per il salvataggio di alcuni canoisti al Moregallo. Anche oggi, per un caso di tentato suicidio dal Ponte Kennedy a Lecco, la storia si è ripetuta.
Un uomo si getta dal ponte, subito qualcuno lancia l’allarme e i presenti si attivano per salvargli la vita. Ma i soccorsi ufficiali arrivano dopo che il mancato suicida era già stato tratto a riva. Perché?
“E’ deprimente e sconfortante” è il commento che serpeggia tra i pompieri. Nel giro di sette giorni, sabato 1° aprile, ieri e oggi, a salvare gli infortunati sul lago non sono stati principalmente i soccorsi predisposti, piuttosto l’intervento dei civili. Per capire come mai, proviamo a seguire il percorso della comunicazione della chiamata di aiuto e avremo delle sorprese.
0 – L’S.O.S. viene ricevuto a Varese dalla centrale del 112, l’operatore deve decidere a quale ente rivolgersi. Si tratta di ‘Persona in acqua’
1 – Secondo protocollo, l’addetto chiama il 118 di Como, perché l’evento viene catalogato di tipo sanitario
2 – Il 118 attiva il personale sanitario e poi gli altri enti: i Vigili del Fuoco specializzati nel recupero in acqua con Saf e SA e le forze dell’ordine.
Prima che SA (Soccorso Acquatico) venga messo in moto vi sono due passaggi con relativi preziosi minuti già persi.
3 – I vigili del fuoco di Lecco non possiedono accesso diretto all’acqua, pur avendo in carico mezzi e competenze per agire. A fianco della caserma, non esiste un pontile per l’immediata partenza. I mezzi acquatici devono essere prima calati nel lago, mentre la barca attrezzata per le cattive condizioni metereologiche dista dalla caserma del Bione 15 minuti di strada in sirena. Si trova infatti alla Canottieri di Lecco.
Oggi, ad esempio, la moto d’acqua necessaria è stata trasportata fino al lago con una jeep alla quale si era dovuto agganciare il carrello su cui si trovava il mezzo nautico. Per non perdere tempo, intanto, è uscita una “prima partenza”, sostanzialmente un camion con a bordo personale preparato e specializzato nel primo soccorso anche sanitario.
Visti i tempi di latenza, tutto questo movimento alla fine è stato pressoché inutile: dei privati avevano già tratto a riva l’infortunato, come del resto ieri nel caso dei canoisti in difficoltà. I volontari dell’ambulanza avevano già preso in carico la persona. Finora la fortuna ha giocato dalla parte dei caduti nel lago, però con condizioni più difficili il lieto fine non è detto sia così scontato.
Morale, lo Stato paga ed ha strumenti per attuare il soccorso immediato. Esercita in continuazione e con regolarità delle persone specializzate affinché siano preparate all’evenienza.
Poi, però, alla foce del processo alcuni impedimenti procedurali ne vanificano lo sforzo, lasciando pure nello sconforto i vigili del fuoco, ossia professionisti portati e mantenuti ad alto livello.