387 Avanti Cristo.

Un gruppo di Galli Senoni raggiunge Roma e, dopo aver messo in fuga gli abitanti, la saccheggia e la incendia.

Il comandante romano Manlio Torquato, però, coi suoi uomini riesce a raggiungere il Campidoglio – una rocca circondata da paludi – e vi si rifugia, con una buona scorta di viveri e acqua.

Comincia un lungo assedio.

I Galli decidono allora di sbloccare la situazione, in una notte senza luna.

Sperando di cogliere tutti nel sonno, prendono a scalare le mura del fortino.

Tutto sembra favorevole agli assalitori, quando all’improvviso nel silenzio si leva un fortissimo schiamazzo: si tratta delle oche sacre a Giunone, stanziate sul Campidoglio, che protestano vivacemente per essere state svegliate.

I soldati romani, messi così in allarme, riescono a respingere l’attacco dei nemici che, incalzati, finiscono per abbandonare Roma.

Il merito della vittoria viene giustamente attribuito alle oche ispirate da Giunone.

Passiamo al 371 Dopo Cristo.

San Martino di Tours, semplice prete, viene chiamato a sostituire il vescovo di Tours passato a miglior vita.

Martino rifiuta l’incarico e si mette in cammino per soccorrere una donna ammalata. Segue sentieri poco battuti e si nasconde al minimo rumore, ma i fedeli, richiamati dallo starnazzare della sua oca, lo trovano e lo riportano indietro per poterlo acclamare vescovo.

Da allora, diviene protettore dei viandanti, degli albergatori, dei mendicanti e…delle oche.

Arriviamo al XVI secolo, quando fa la sua comparsa il “Gioco dell’Oca” destinato nei secoli a divenire un popolarissimo passatempo.

Addirittura, Agostino Mitelli, pittore e incisore bolognese del ‘600, sceglie le osterie del capoluogo emiliano per illustrare i cartoncini dell’ormai famoso gioco.

E che dire di Federico il Grande di Prussia che ha fatto adottare il “Passo dell’Oca” ai suoi soldati impegnati nelle parate militari?

E Konrad Lorenz, il padre della moderna etologia? In virtù dell’imprinting (apprendimento) fatto acquisire alle sue oche in primissima età, ha ottenuto che loro  lo scambiassero per la loro madre, divenendo oggetto di grandi premure e affettuosità.

Non dimentichiamoci di Esopo, con la celebre favola “L’Oca dalle Uova d’Oro”.

Concludendo: l’oca non è certo un bipede stupido come è solitamente dipinto, bensì un animale che nel corso dei secoli si è distinto per le sue caratteristiche, assurgendo addirittura al ruolo di eroe.

Diciamo che ha lasciato sicuramente un’impronta. Palmata.

Emanuele Tavola